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L’autorità, la responsabilità
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Il principio di autorità è il principio senza autorità. Questa è la constatazione che hanno compiuto coloro che hanno inaugurato il rinascimento della parola e la sua industria, la sua scrittura. Il principio di autorità è il principio dei "trombetti", di tutti coloro che, umanisti, consigliano i principi, fanno i filosofi, i cancellieri e presumono di guidare e padroneggiare la città. La repubblica, che si eriga sul principio di autorità, è una repubblica senza autorità, una repubblica votata all’indecisione e, per ciò, alla rovina.
Che occorra sconfiggere l’anomalo è proprio dell’episteme, proprio del sapere dei "trombetti". È proprio di tutti coloro che presumono di governare lo stato, di governare la cosa pubblica, di amministrarla, imponendo le parallele al posto dei sentieri, senza intervallo che non sia il vuoto. I postulati propri del discorso occidentale sono i postulati propri del risparmio, del risparmio della parola, del risparmio intellettuale, del risparmio d’autorità. In effetti, del risparmio senza la parola, del risparmio senza autorità.
Il principio di autorità è il principio del risparmio.
Viene opposta un’algebra d’origine (tale è la mitologia dell’uguale) alla parola originaria, al suo rinascimento e alla sua industria.
Segnatamente la riforma e il romanticismo contrappongono ancora il principio del risparmio, il principio senza autorità, alla parola e alla sua qualità, alla vita e alla sua cifra.
Nella tripartizione del segno, tra lo zero, l’uno e l’intervallo o tra il nome, il significante e l’Altro, si decide la qualificazione.
Intanto, nomen: nome, o zero, nel suo funzionamento. Auctoritas: benché essa provenga da Roma, anziché da Gerusalemme, non avrebbe avuto, senza Gerusalemme, la sua portata nella parola, la sua portata linguistica, sarebbe stata propria all’ordinamento romano, ai modi di gestire la vita civile, sociale, politica di Roma.
Auctor è il nome che funziona, lo zero che funziona. Lo zero giunge nella parola, propriamente, con il rinascimento. Così, il nome. Un aspetto, questo, della funzione del non, del non uno, dello zero.
Auctoritas: con Gerusalemme, con l’atto di Cristo e con il cattolicesimo, questo termine ha una portata immensa, quella che lo ritrova senza risparmio, quella che si staglia sul principio della parola, e non più sul principio di morte. Auctoritas: le cose s’inaugurano e incominciano dove il nome, lo zero, funziona. Auctoritas, incominciamento, aumento, accrescimento, crescita, lancio. Senza algebra. Ciò che cresce inaugura e alimenta il ritmo. Autorità: anche asta viene da auctor, auctio, aumento. Ciò che cresce si aggiunge, ciò che si aggiunge non toglie, non somma, non sottrae. L’autorità, proprietà della parola originaria, s’instaura proprio per la rimozione originaria (Urverdrängung), per la funzione di rigetto, non, ne oinom. Per la funzione di zero o nome.
Postulare l’uguale e il segno uguale serve a abolire il segno nella sua tripartizione e l’autorità, salvo, poi, significarla come autorità sociale, politica, religiosa, sacramentale, profana, salvo ritrovarla nell’animalità anfibologica. Così, dal sanscrito guru, sorge l’anfibologia, a Roma, tra gravis e brutus, tra l’autorità religiosa, sacramentale e l’autorità profana.
Il ventesimo secolo e il secondo millennio sembrano chiudersi proprio sulla mitologia dell’uguale. Senza l’autorità. Mitologia, che ha imposto regimi totalitari ispirati dal socialismo e dal nazionalismo.
Il concetto di pulizia etnica, di pulizia intellettuale, di pulizia sociale, di pulizia finanziaria, di pulizia artistica, di pulizia culturale, è un concetto proprio al principio dei "trombetti" e alle sue applicazioni attraverso il socialismo e il nazionalismo.
I duecento anni d’illuminismo si sono sempre più colorati di socialismo e il ventesimo secolo è un secolo socialista, a Mosca, come a Berlino, come a Belgrado. Il processo di Norimberga è stato un processo a un aspetto del socialismo. E ciò che non è entrato in quel processo, uscito dalla finestra, rientra dalla porta dello stalinismo, del massimalismo, e, in generale, ancora una volta, dalla porta del comunismo e del socialismo, di quella che ancora si chiama socialdemocrazia. L’algebra guida la pulizia intellettuale, la pulizia etnica. È il principio dei "trombetti", il principio senza autorità, senza la parola, il principio del risparmio. L’autorità, soppressa, diventa autorità materna, severità, reca stragi, massacri, giustizialismo, populismo, reca la cura di sé e la cura dell’Altro.
Questo è il senso, anzitutto, del risparmio: l’amore di sé e l’amore dell’Altro, la cura di sé e la cura dell’Altro, la morte di sé e la morte dell’Altro. La non accettazione intellettuale del principio di autorità è la non accettazione intellettuale della morte.
Il nome è anonimo e innominabile. Non può essere rappresentato, non può essere umanizzato: nessun antropomorfismo. Che sia innominabile è indicato dal padre. Che sia anonimo è indicato dalla donna. Se il padre è tolto, si presenta il matricidio con tutte le sue conseguenze, si costituiscono "le donne come tali", come insieme. E la polizia viene emulata: cherchez la femme, in assenza di autorità. La droga come sostanza sorge abolendo l’autorità, abolendo la funzione di nome, ciò che ha dimora a Gerusalemme e che dà, con la nominazione, la sua portata all’auctoritas.
La devastazione intellettuale o la rovina delle città vengono da questa impossibilità della memoria: la memoria viene cancellata, quando l’autorità viene tolta. La memoria senza autorità è il ricordo.
Leonardo da Vinci dice che i "trombetti" altro non fanno se non ricordare il principio del risparmio della parola, il principio senza l’autorità, senza la legge della parola, senza il simbolico.
Sta qui l’essenziale: nessuna legge senza autorità. Nessuna autorità che sia rappresentata. L’autorità che sia rappresentata, personificata, è un’autorità umana, antropomorfica. E l’assenza di autorità sta nel luogo dell’autorità, nel luogo dell’assenza di autorità.
Accanto all’autorità, s’instaurano due cose che seguono all’autorità: il debito e la responsabilità. Il debito è della legge, e non già del soggetto. E la responsabilità è della legge, e non già del soggetto.
Responsabilità: quali sono le risposte della legge, che compie la scrittura della sintassi, di questo aspetto della ricerca? Il senso come effetto e il dispendio o godimento. Queste due risposte sono irrimandabili. Ogni ideologia del rimando, anche personale, anche sociale, evita l’autorità, mentre i fantasmi di ritardo, di esclusione, di sparizione, sono varianti del fantasma di autorità. Il dispotismo, la tirannide o il vampirismo s’instaurano sulla base del principio del risparmio della parola, delle sue invenzioni, delle sue arti, della sua struttura, della sua scrittura, della sua qualità.
Il debito è della legge. Nessuna norma può essere scambiata per la legge, se non perché, togliendo l’autorità, viene postulato il legislatore. Il debito è ciò che non si è preso in prestito e che procede dal prestito originario, dal modo dell’apertura della parola.
Il debito procede dal non dell’avere, dalla funzione di zero. Debito e responsabilità sono proprietà della legge, ma della legge della parola, non già della norma che prende il posto della legge. Responsabilità della legge, anziché soggettiva, debito della legge, e non già soggettivo. In principio era la parola, anziché il soggetto.
Nella tripartizione del segno le cose incominciano con il non, con lo zero, anziché con il soggetto. Dove viene postulato il soggetto, il soggetto è soggetto alla morte, è la morte. Consideriamo il funzionamento dell’uno o significante. Qui, l’ammissione, proprietà della resistenza, della funzione di non, della funzione di uno.
Se funziona, il figlio non può essere tolto, il figlio come uno non può essere tolto. Di questa ammissione nessuna traccia, se non nel mythos, se non nella poesia, prima dell’atto di Cristo. Stanno qui la capacità e il credito, come proprietà dell’etica, del compimento della scrittura della frase. La frase è la struttura in cui funziona il figlio come uno, come significante.
Ciò che verte intorno all’Altro, all’altro tempo, all’ospite, alla politica dell’ospite, alla finanza, alla scrittura della politica dell’ospite, alla scrittura pragmatica, alla scrittura finanziaria, alla scrittura attraverso la lingua diplomatica, è un capitolo ignorato dal discorso occidentale. È incomune, per nulla condiviso dagli umani. Se è abolita l’autorità, l’uno diventa il numero uno, non c’è lo zero funzionale. Allora, il purismo investe l’uno, investe l’Altro, diventa razzismo, antisemitismo, pulizia etnica, antintellettualismo.
Leonardo da Vinci parlava delle "bugiarde scienze mentali". Invece, più giovane di lui, Niccolò Machiavelli, che trae con lui e da lui la lezione, nota: "Le necessitati possono essere molte, ma quella è più forte che ti costringe o vincere o perdere".
Noi diciamo, invece: o vincere o vincere. Leonardo scrive: "Chi disputa allegando l’alturità non adopera lo ‘ngegno, ma più tosto la memoria". Appunto la memoria senza autorità: il ricordo. Il fiorilegio. L’antologia. Il taglio dei fiori.
Con il "discorso isterico" interviene la parodia del discorso occidentale, la parodia della soppressione impossibile dell’autorità.
Anche negli altri discorsi, anche nel discorso ossessivo. Il "discorso isterico" è il "soggetto" come fantasma materno, quasi il soggetto della responsabilità.
Il "discorso ossessivo" è il soggetto come fantasma materno, quasi il soggetto della capacità. La capacità e il credito, proprietà dell’etica, diventano quasi attributi del soggetto.
Il segno uguale è l’uguale senza il segno, senza la parola, senza l’Altro, senza il tempo. La psicotizzazione di queste idee, che si pongono, poi, come ideologie, comporta che il tempo e l’Altro siano tolti e che sia tolta l’immunità che è del tempo, l’immunità intellettuale. La pulizia etnica toglie la parola e la sua immunità, toglie il tempo e l’Altro. Non solo toglie all’Altro, ma toglie l’Altro.
Pulizia intellettuale. L’immunità viene tolta per purismo. Chi è puro e duro si risparmia la parola e si risparmia le sue proprietà, la legge della parola, l’etica della parola, la clinica della parola, come pure l’immunità che sta nell’intervallo.
L’uguale e, poi, il segno uguale, le due parallele, aboliscono l’intervallo e, per ciò, lo danno come utopia. Il discorso occidentale insegue l’utopia. Voi avete l’utopia di Platone, l’utopia di Aristotele, l’utopia della riforma, l’utopia romantica, l’utopia socialista, l’utopia di una spazialità pura senza intervallo, senza il tempo, senza il lavoro. Il lavoratore è il nome, lo zero funzionale. Ancora, auctor.
Se i sentieri sono parallele, non c’è intervallo, ma il vuoto. Se non c’è intervallo, non c’è il contingente, il principio di realtà; e tutto dev’essere o possibile o necessario o probabile o impossibile, ma mai contingente.
Giambattista Vico trae la lezione del rinascimento e legge il diritto e la poesia. E il fare dimora nell’intervallo, per la contingenza.
Il "discorso schizofrenico" fa la parodia di questo, fa il saltimbanco algebrico tra queste due parallele. Ma è una parodia, non è l’applicazione del discorso occidentale. Allora può intervenire il panico, perché la madre non può essere soppressa, perché l’Altro non può essere soppresso. Il panico indica che la madre e l’Altro non possono essere soppressi.
Il "discorso paranoico" e il "discorso schizofrenico" esigono tanto il ritmo quanto l’intervallo. L’anomalo sta nell’intervallo.
26 aprile 1999
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