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La medicina, la chirurgia, l’avvenire


  
 
Notazioni
La medicina esula dalla competenza medica e dalla facoltà di taglio. Mezzi, modi e strumenti: questa è la medicina, non soggetta al discorso come tale. Medicina propria della parola.
Se interrogate i medici, che si sentono spesso nella corporazione, sull’abolizione degli ordini professionali, avete l’impressione che sia pressoché impossibile, in Europa, abolire l’ordine dei medici.
Il discorso del governo, il discorso della guerra, il discorso della pace, il discorso dell’amministrazione pubblica hanno il monopolio della salute, intesa come salute dello stato, salute mentale. Tutto ciò che serve a mantenere lo stato, quindi, fa la salvezza dello stato. La salute pubblica, come salvezza dello stato.
Oppure, serve a mantenere il potere di coloro che governano, amministrano, gestiscono la cosa chiamata pubblica, la res publica.
Anche quando lo stato non è soggetto, come nella «mentalità» angloamericana, la salute pubblica è, comunque, compito dei grandi gruppi e dei governanti.
Lo stesso obbligo della cura investe la salute pubblica, che è proporzionale alla ragion di stato. La medicina e la chirurgia dimorano nella parola. Anche l’«altrove» sta nella parola, non è l’altrove dalla parola. La medicina e la chirurgia nella parola sono essenziali perché la cosa divenga intellettuale.
Dove stanno i dispositivi intellettuali? Negli ospedali? Negli ambulatori? Negli studi medici? O negli stabilimenti, chiamati cliniche? L’ordinamento di queste cose è fatto, spesso, senza il dispositivo intellettuale, perché è fatto senza la parola. È un ordinamento che risponde al discorso e, quindi, estraneo alla parola. Le cose procedono per integrazione dal due, secondo la loro logica e si rivolgono alla qualità: questo esige la medicina intellettuale, la chirurgia intellettuale e strumenti intellettuali.
Le cose dimorano nella parola e la cosa è l’altra cosa, la parola. E l’altra cosa diviene la cosa intellettuale, la qualità. La salute senza la qualità, che salute pubblica è? È la salute dove il pubblico è il luogo del finito e del finibile, è il tempio delle cose che devono perire e rinascere. Circolarmente.
Medici, chirurghi e, sopra tutto, scienziati, coloro che qualche questione enunciano, che, in qualche modo, s’interrogano e interrogano, vanno interpellati. La questione intellettuale va formulata anche nei loro confronti. Di solito, questi medici sono molto impegnati nella salute pubblica, intesa come salute dello stato, sono aggrappati alla politica. Taluni scienziati medici, ogni volta che hanno un’ipotesi, rincorrono qualche istanza statale, che possa stabilire che la loro ipotesi assicurerà la salvezza dello stato e che loro sono dei.
Ecco un libro di Stuart Levy: The antibiotic paradox (1992), che forse andrebbe anche tradotto in italiano. Gli antibiotici selezionano i batteri resistenti, rendendoli cronici. Ecco un altro libro: Siamo tutti cavie (Nous sommes tous des cobayes, 1997). È scritto da Louis De Brouwer: se la chimica proseguirà con questo trionfo, gli umani, sul pianeta, spariranno presto; il dispositivo immunitario sarà cancellato.
Jean Rostand, biologo, scrive: «La teoria dell’evoluzione è una fiaba, un conte de fées, per gli adulti». Così, anche fiaba, destinata all’infantilismo degli adulti, è quella del big-bang. L’ideologia estrapolata da Calvino e da Lutero ha attraversato i vari settori e, sopra tutto, quelli della biologia, della medicina, della chimica, dell’agrindustria. Ma, anche, quelli dell’arte, della cultura, della letteratura. Questo è un capitolo che nel ventunesimo secolo bisogna incominciare a scrivere. I fasti dell’arte e della letteratura del ventesimo secolo sono da mettere in discussione. Un accenno di questa messa in discussione è compiuto dal libro di Jacques Henric, un primo accenno, compatibilmente con l’ambiente parigino e con le circostanze: La pittura e il male (Spirali 1995).
Che l’artista abbia dinanzi il male e che con il male debba confrontarsi, paragonarsi, combattere, che debba scrivere intorno al male e aprire una guerra contro il male, oppure riprodurlo e, quindi, destare sgomento, scandalizzare, e, alla fine, che l’arte sia, come veniva detto, soltanto happening sociale, tutto questo è da mettere in discussione. Picasso dice qualcosa a un amico, che riferisce di questo colloquio, in una lettera, a Giovanni Papini: Dato che, da quando l’arte non è più l’essenziale di cui si nutrono i migliori, l’artista può abbandonarsi a suo piacimento a prove svariate di nuove formule, a tutti i capricci della sua fantasia, a tutti gli espedienti del ciarlatanismo intellettuale, il popolo non cerca più nell’arte né sollievo né esaltazione. Ma i raffinati, i ricchi, coloro che amano divertirsi, coloro che vogliono sempre estrarre la quintessenza delle cose, costoro, i critici, cercano il nuovo, lo strano, l’originale, lo scandaloso. Quanto a me, fin dall’inizio, ho soddisfatto proprio questi signori e i critici, con tutte le bizzarrie svariate che mi sono venute in mente. Meno mi comprendevano, più mi ammiravano. A forza di divertirmi in tutti questi giochi, in tutte queste danze sulla corda, in tutti questi grattacapi, in questi rebus, in questi arabeschi, sono diventato presto celebre. Giotto e Tiziano, Rembrandt e Goya sono veri pittori. Io non sono che un intrattenitore pubblico (amuseur publique) che ha compreso il suo tempo e che ha sfruttato al meglio l’imbecillità, la vanità e l’avidità dei suoi contemporanei. La confessione che io Le faccio è amara. Più dolorosa di quanto non possiate credere, ma ha il merito di essere sincera. E dopo questo andiamo a bere.
Pablo Picasso. Il profeta Daniele dichiara (Daniele 2, 44): Nei tempi di questi re, il Dio del cielo desterà un regno che non sarà mai distrutto e il cui dominio non passerà affatto a un altro popolo. E spezzerà e annienterà tutti questi regni e si sostituirà per sempre a essi.
William Styron, scrittore americano, che noi avevamo intervistato per la rivista «Spirali» prima del congresso di New York, Sesso e linguaggio (1981), a un certo punto tiene una conferenza pubblica intorno al Prozac, a Washington. Che cosa gli può accadere? I laboratori del Prozac gli fanno interrompere la conferenza. Arrivano le guardie, per interrompere la conferenza.
Nel 1976, a un nostro congresso, La follia, 1-4 dicembre 1976, era venuto uno scienziato. Si chiamava Peter Breggin e aveva dato un suo contributo intorno alla lobotomia (La seconda ondata.
La lobotomia
). Aveva scritto un libro contro la lobotomia. Ha proseguito nei ventiquattro anni successivi. Fra l’altro, ha scritto anche un libro intorno al Prozac (Talking Back to Prozac, 1995).
Tre milioni di bambini americani sono trattati ogni giorno con il Ritalin, un derivato delle anfetamine.
Louis de Brouwer conclude questo capitolo: Se l’inquinamento alimentare e da medicinali prosegue con il ritmo attuale, fra venti o trent’anni la popolazione occidentale sarà costituita solo da malati, cancerosi, tarati, handicappati fisici e mentali.
Il ventesimo secolo, forse, è stato più di ogni altro truculento, nella sua ideologia e nelle sue stragi, perché ha avuto dinanzi l’Altro rappresentato dall’anfibologia animale. E questo anche nelle avanguardie, nell’arte, nella cultura, nella filosofia, nella letteratura, nella teoria scientifica, anche nel discorso scientifico.
Sembra che il ventesimo secolo abbia creduto, in tutto e per tutto, a quello che è stato prodotto nel diciannovesimo secolo: Karl Marx, Charles Darwin, Auguste Comte e altre dottrine erotiche, e che si sia dimenato, dinoccolato, agitato per applicarle, contraffarle, rivederle.
Il mezzo è logica, particolarità, dissidenza, numero. Il modo è il modo stesso del numero e dell’itinerario. E lo strumento attiene alla struttura dell’Altro. La mens è l’odio. Nell’impresa, che è insostanziale come immentale.
Freud aveva capito che presto i medici si sarebbero precipitati sulla psicanalisi e che la chance sarebbe stata che la psicanalisi fosse sfuggita del tutto al discorso medico, alla psicoterapia, alla psicofarmacologia.
La colpa e la pena sono la doppia faccia della morte: la morte 61 come colpa, la morte come pena. Pena di morte. Anche quella di un solo giorno, di un solo istante. La morte come psicofarmaco.
La morte bianca. L’inaccettazione intellettuale del ruolo di vittima, della morte bianca, della colpa, della pena è una virtù del principio della parola originaria.
Il discorso medico predispone, nel campo della «salute», gl’istituti della vendetta, che sono istituti della colpa e istituti della pena. L’ospedale è un istituto penitenziale. Idealmente, la medicina è penitenziaria! E il corso naturale è il corso della morte. Il decorso. Naturale lo spiritualismo. Naturale la morale sociale e politica. Naturale il farmaco come animale anfibologico nella sua dicotomia tra rimedio e veleno. Naturale la medicina penitenziaria. Tanto sacramentale quanto profana.
Il significante «psichiatria» s’inscrive nella demonologia.
Quando medici e pazienti gridano contro il male, contro questo cane, contro questa belva, siamo nella demonologia. Qualsiasi malattia è creduta mentale dall’homo mortalis.
Le dottrine dove le cose procedono dall’uno pongono il bene e il male, il nemico e l’amico, la vita e la morte dinanzi. Da qui, le metafore animali, botaniche. Tutte naturalmente spirituali.

12 febbraio 2000


 
Siti di riferimento
uni.ilsecondorinascimento.com
 
Relazioni
siti di riferimento uni.ilsecondorinascimento.com (Sito)
ha tra i partecipanti Armando Verdiglione (Scrittore, editore, imprenditore, inventore della cifrematica)





 
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