The Second Renaissance
     
  Rassegna stampa Ricerca
 
  Utente     Password       Non ricordi la password? Clicca qui.    
     
  Informazione
  Approfondimento
  Stampa
     
Navigazione verticale
Assi del Business
$
     
  Museo
  Ospitalità
  Edizioni Spirali
  Arte
  Attività
  Acquista online
     
Pagine visitate
 L'adiacenza


Informazione
L'adiacenza


  
 
Notazioni
Tertium datur. Il principio del due è il principio del tre. L’adiacenza è propria della struttura secondo la logica della nominazione, allusa dal paradigmatico di Saussure e evocata dalla sua nebulosa. Nessuna sostituzione può avvenire senza adiacenza.
La condensazione e lo spostamento, la metafora e la metonimia, l’ellissi e l’iperbole avvengono per sostituzione. L’intervallo fra queste sostituzioni è l’intervallo fra due serie. È l’intervallo della seriazione. Notate l’intervallo tra la riva e il mare: avete, non già la linea, ma la corda e il filo dell’adiacenza.

Che ne è di una struttura, che non faccia ricorso né alla trascendenza né all’immanenza e che non possa avvalersi del dualismo fra superficiale e profondo? Quella che Freud chiama la latenza è stata scambiata, convertita, in un concetto che la nega, nel concetto di segreto, nel concetto di nascondimento. Arbitrario è l’atto, nella sua latenza. Teorema della latenza: “Non c’è più fenomenologia”.
Arbitrario è l’atto nella sua adiacenza. Nulla resta e nulla si scrive senza l’adiacenza. Se le cose procedono dall’uno, voi avete l’origine, l’originale, la copia, il doppio, la duplicazione, la moltiplicazione. Avete il postulato: tertium non datur.

La struttura dove la soggiacenza è fondamentale è la struttura secondo la logica del discorso. La struttura dove l’adiacenza è indispensabile è la struttura secondo la logica della nominazione. Adiacenza. Giacenza, senza più sofferenza. Il simbolo in giacenza, la lettera in giacenza, la cifra in giacenza sono senza più rappresentazione né di nome né d’immagine né di cosa. Ad: presso, accanto. Adiacenza: ciò che è pronto a qualcosa, ciò che è a disposizione. Nessun deposito. Nessun tesoro dei significanti già dato. Nessuna banca dati.

“Accanto”: ovvero, non c’è più l’estetica trascendentale. “Accanto”: senza successione e senza spazialità. Da qui, tutto l’interesse, da parte del discorso occidentale, a sostituire l’adiacenza con la soggiacenza e, quindi, la memoria con l’ereditarietà. Che cosa giace sotto o sta sotto? La sostanza. L’ipostasi. La morte. Per ciò, l’immanenza e la trascendenza. L’incubo e il succubo. Il concetto di soggiacenza appartiene alla demonologia. Ma quale psicolinguistica, quale psicopatologia, quale discorso giudiziario possono fare a meno del concetto di soggiacenza?

Voi avete notato come il discorso occidentale, nell’atto di parola, si dilegui, si vanifichi. E come non costituisca una linea, come non domini nulla. È in questo modo che abbiamo introdotto la cifrematica.
Lo avevamo notato, per esempio, nella definizione, che davamo nel 1975, di grammatica — “memoria ideale” e “ideale della memoria” —, in un saggio che avevamo chiamato La scrittura del godimento. Anche questa grammatica non tiene, nell’atto di parola, proprio per l’adiacenza e secondo la logica altra, rispetto a quella che dovrebbe, invece, reggere la grammatica. L’adiacenza dimora in ciascuna delle due serie, nella serie dei nomi e nella serie dei significanti. Dimora nella seriazione, cioè anche nell’intervallo, in modo specifico, delle due serie.

Abbiamo notato come ci siano significanti costituzionali e istituzionali, significanti fondamentali, che non reggono, non stanno in piedi, precipitano, cadono e non possono stare al posto della nominazione e al posto dell’adiacenza. In nessun modo, possono essere tenuti dal principio ideale del formalismo linguistico. Indagando intorno al modo della memoria e agli scritti, che si sforzano di rendere conto di questi modi della memoria, quindi indagando intorno alla combinatoria e alla combinazione, voi avete, da un lato, la struttura secondo la soggiacenza e, dall’altro lato, la struttura secondo l’adiacenza.

Voi potete riscontrare, leggere tanti trattati dell’adiacenza. Anche i dialoghi di Platone sono trattati dell’adiacenza, perché egli narra, descrive, inventa cose per definire, rappresentare, delimitare, circoscrivere l’adiacenza. Abbiamo citato altre volte — e anche adesso — lo Ione, sulla doppia ignoranza. Per un verso l’ignoranza del poeta, che si trova, s’imbatte, nella combinatoria e nella combinazione, secondo la logica della nominazione, ma non sa, ignora: e questo è inaccettabile, è negativo per Platone, e, quindi, il poeta dev’essere posseduto. Per l’altro verso, l’ignoranza del filosofo. Il senso, il sapere e la verità del poeta, della poesia, sono un’altra cosa e sono ignorati dal poeta, non dipendono dal volere dire, ma sono effetti che si constatano nella poesia. Tolti questi effetti, abbiamo l’ignoranza del filosofo, che, del suo non sapere, fa l’interrogazione fondamentale. L’interrogazione, provvista di soggiacenza. L’interrogazione che sia chiusa, che fondi, determini, strutturi, formi la risposta.

La combinazione segue il principio del due. La combinatoria è essenziale alla seriazione. Da una parte, ha l’impossibile rispetto al labirinto, dall’altra ha il contingente rispetto al giardino. Da una parte, ha la prova di realtà, dall’altra ha la prova di verità e di riso. La combinazione e la combinatoria s’imbastiscono secondo la logica della nominazione. In breve: l’arbitrarietà è la virtù del principio della parola, il processo della nominazione è processo dell’adiacenza. Per la proprietà dell’adiacenza s’instaura la tripartizione del segno. Voi trovate l’adiacenza sia nella sintassi sia nella frase sia nel pragma. Nell’intervallo, l’adiacenza è l’Altro. La corda e il filo della memoria, del tempo, di Arianna o del crepuscolo, sono la corda e il filo dell’adiacenza.

Togliete l’adiacenza e avete l’amore puro, quindi l’amor cortese, che, però scivola, inciampa. Oppure, avete l’odio puro, senza il tempo. L’odio puro sarebbe la sublimazione ideale.

Lo storicismo è assurdo. Da chi è praticato, lo storicismo? Da chiunque vi fabbrichi la vostra storia. Vi dice che qualsiasi smorfia dipende dalla genetica e quali sono gli ascendenti della vostra famiglia, qual è la vostra storia, la storia della vostra parentela, la storia del vostro paese, del vostro ceto sociale, del vostro gruppo, e come tutto questo si confronti con la storia di tutte le storie. E, in questa storia, si presenta il male. Il male nella ricerca, il male nel fare, nel tempo. Il male dell’Altro.

Il più severo tomista dell’epoca chiamata moderna è Hegel. La storia è reale, è pragmatica e dipende dalla volontà. Il più lontano dal tomismo è Giambattista Vico. Il fare è nella parola, costituisce gli eventi e ha l’umanità come sua proprietà.

Lo zero funzionale e lo zero adiacente. L’uno funzionale e l’uno adiacente. L’Altro funzionale e l’Altro adiacente. L’adiacenza come funzione. L’adiacenza come variante o variazione costante. Come possono intendersi il sogno e la dimenticanza senza l’adiacenza? Come potete cogliere la portata del racconto, della poesia, senza l’adiacenza? Ciascuna rivoluzione avviene secondo la logica della nominazione e in base all’adiacenza. Così, la rivoluzione industriale: la rivoluzione propria alla struttura dell’Altro. La rivoluzione industriale è la rivoluzione dell’ospitalità. Non c’è più fondo, ma lo sfondo. Qualora non sia definito solo come negazione del fondo.

L’adiacenza: da qui lo sfondo. L’adiacenza: da qui l’orizzonte linguistico. Senza l’adiacenza, potete affrontare la questione dell’afasia? La lingua della soggiacenza è la propria lingua. La lingua dell’adiacenza è l’alingua, per ciò la lingua di Babele e la lingua della Pentecoste.

Come è potuto avvenire che la psicanalisi sia trapassata, per un verso, in una dottrina psichiatrica o psicologica e, per l’altro verso, in una dottrina linguistica? Non è leggendo Saussure che intendiamo la portata della psicanalisi. Non è seguendo le diatribe, universitarie o giornalistiche, fino a perdersi intorno alla linguistica socio, psico, antropo, che noi troviamo qual è la logica secondo cui si struttura l’esperienza originaria. Potete leggere gli scritti della linguistica o di Hegel o di Platone o di Marx riscontrando, loro malgrado, la logica della nominazione. Loro malgrado: nonostante i postulati che tengono questi scritti entro il discorso come causa.

La nominazione esige l’adiacenza. E non c’è più magazzino della parola. Quando incomincia, come si enuncia, com’è che, a un certo punto, constatiamo che non c’è più mondo, né la sua visione, che non ci sono più un’algebra o una geometria che possano crearlo, che non ci sono più creazione né immaginazione? La prima approssimazione alla questione dell’adiacenza sta nel quesito su cui Freud insiste tanto, imbastendo la sua linguistica, una linguistica incredibile: da dove vengono i bambini? Da dove vengono i nomi?

Da dove vengono e dove vanno le cose, come avvengono, come si scrivono, dove si scrivono? Sono questioni mai enunciate nel discorso occidentale.

Nell’intervallo della vita, il dispositivo pragmatico esige il dispositivo dell’impresa e dell’ospitalità. E l’assemblea dipende dal diritto dell’Altro. Quale esempio di assemblea, a Atene, Washington, Parigi, Roma, Mosca, che dipenda dal diritto dell’Altro? Ogni assemblea dipende dal matricidio, e non già dal diritto dell’Altro.
Quale trattativa ha come condizione la giustizia e, nel suo aspetto pragmatico e di comunicazione, dipende dal diritto dell’Altro? Sarebbe come dire che la trattativa terrebbe conto dell’adiacenza. Ma se tutto, nella trattativa, è basato (qual è il fine, il primo fine, il secondo fine, il terzo fine, il quarto fine) su un sospetto fondamentale! Sospetto semiologico, criminologico, farmacologico, anziché sospetto come questione aperta, dubbio assoluto, attesa assoluta.

Ecco la conclusione del terzo libro del De rerum natura: prima di Georg Cantor, è Lucrezio a enunciare il transfinito.



Praeterea versamur ibidem atque insumus usque
nec nova vivendo procuditur ulla voluptas.
Sed dum abest quod avemus, id exsuperare videtur
cetera; post aliud, cum contigit illud, avemus,
et sitis aequa tenet vitai semper hiantis.
Posteraque in dubiost fortunam quam vehat aetas,
quidve ferat nobis casus, quive exitus instet.
Nec prorsum vitam ducendo demimus hilum
tempore de mortis nec delibare valemus,
quo minus esse diu possimus forte perempti.
Proinde licet quot vis vivendo condere saecla;
mors aeterna tamen nilo minus illa manebit,
nec minus ille diu iam non erit, ex hodierno
lumine qui finem vitai fecit, et ille,
mensibus atque annis qui multis occidit ante.




Senza la logica della nominazione, e senza l’adiacenza, voi vi trovate nella demonologia. Il discorso occidentale ha opposto la demonologia del “filosofo” — filosofo fra virgolette, poiché il filosofo era il sofista, è stato tolto in effetti — all’altra demonologia, quella del poeta.

L’adiacenza segue alla logica della nominazione. E le virtù del principio della parola — dall’arbitrarietà al disagio — sono essenziali. Ma qualcosa di questa demonologia è rimasta, nel modo volgare di praticare e di commentare la psicanalisi. Come può instaurarsi, il transfert, senza l’adiacenza? Proprio la struttura dell’adiacenza, la struttura materiale della parola, sfugge alla padronanza.

Il viaggio è il viaggio della tripartizione. È il viaggio dell’adiacenza. La proprietà del viaggio è l’automazione, segnatamente nel giardino dell’automa. Il viaggio non s’instaura e non procede senza dispositivo. Proprio l’adiacenza esige il dispositivo intellettuale, anziché il dispositivo conformista. Il dispositivo conformista è richiesto dalla soggiacenza.

Quale patrimonio e quale matrimonio possono instaurarsi, senza l’adiacenza? Eppure, molti cerimoniali, poggiano sulla soggiacenza. La grammatica di Port-Royal, la grammatica di Noam Chomsky, la grammatica di Praga, la grammatica di Sebastian K. Šaumjan, la grammatica di Ginevra si avvalgono del concetto di soggiacenza. Per un trattamento della memoria. L’adiacenza non ha bisogno del soggetto. La soggiacenza lo crea.

Quando il dispositivo medico è un dispositivo intellettuale? Quando si avvale della struttura dell’adiacenza. La mitologia medica si avvale della struttura della soggiacenza e la sua grammatica è la psicofarmacologia. La farmacologia è psicofarmacologia.

Voi siete seduti lì, sulla riva e guardate l’onda, che va e viene.
Non è mai la stessa. Dove sta la linea? In questo intervallo tra la riva e il mare, la corda e il filo della memoria sono la corda e il filo dell’adiacenza.

Quali sono le onde della luce? Tra la riva e il mare, noi siamo intenti, più che a vedere, a ascoltare. Qui, nell’intervallo, l’adiacenza è l’Altro, l’ospite.

Armando Verdiglione
 





 
All rights reserved © 2017 - ASSOCIAZIONE AMICI DI SPIRALI