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Omaggio all'avvocato Giuseppe Mussari
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Il rinascimento ha invaso il pianeta, instaurando la modernità e le rivoluzioni industriali, non più circolari ma dirette alla qualità. Con il rinascimento la scienza è della vita, e non più del discorso come tale: da essa l’arte e la cultura sono inscindibili e risultano proprie della memoria e costitutive della struttura del viaggio della città, dell’impresa, della banca.
L’intellettualità presiede alla banca, come a ciascuna azienda. Il cervello è il dispositivo intellettuale: dispositivo di direzione, dispositivo di valore. Questo valore intellettuale è il capitale, la cifra, della banca come della vita: il valore del bello, il valore dell’Italia. E la speranza è assoluta, anziché facile: nessuna ombra sta dinanzi, nessuna alternativa alla riuscita.
Giuseppe Mussari trae la migliore lezione dal rinascimento originario e assegna alla banca una missione di civiltà, favorendo l’instaurazione di dispositivi intellettuali e ribadendo il criterio della qualità, come la virtù della sussidiarietà, senza più rispettare quegli standard e quei canoni che protraggono i modelli del protezionismo e dell’assistenzialismo.
Giuseppe Mussari si attiene a un approccio tanto intellettuale quanto pragmatico e traccia, con entusiamo, le direttive per la scrittura dell’esperienza, le direttive per ciò che resta. E ribadisce che nulla è già scritto: l’essenziale è ancora da scrivere. Senza precedenti. Con l’humilitas, con la disposizione all’ascolto. Con l’intelligenza, arte del fare. Con la generosità. Con l’indulgenza, che dispensa l’evento. In breve, con il diritto dell’Altro, nonché dell’ospite. E quando la fede nella riuscita è assoluta, quindi senza alternativa, le cose si scrivono e si qualificano. Giuseppe Mussari indica, appunto, alla banca il compito di favorire il processo di valorizzazione dei beni culturali e artistici, delle aziende, nonché dell’Italia. Gli scritti di Giuseppe Mussari costituiscono un paradigma planetario, lontano da quei luoghi comuni, che pervadono i discorsi attribuiti da Leonardo da Vinci ai "trombetti".
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