Nel 1494, in occasione del clamoroso Carnevale altorenano, l'umanista Sebatian Brant pubblicò La nave dei folli, un testo moralistico in lingua tedesca. Sul finire del Quattrocento l'opera divenne così popolare che conobbe svariate edizioni e fu tradotta in latino, francese, inglese e olandese. Integerrimo cattolico e devoto sostenitore di Massimiliano I, re che divenne imperatore nel 1491, Brant era fermamente convinto che l'Impero fosse in mani tedesche perché la Germania era "eletta" come guida del mondo cristiano. Tuttavia, per mantenere dignitosamente questo privilegio, egli riteneva che il suo popolo dovesse vivere secondo una severa morale e non abbandonarsi alla decadenza. La nave dei folli fu quindi il tentativo di parlare al "volgo" attraverso lo strumento della satira per incoraggiare gli uomini a liberarsi di vizi e peccati. Nato a Strasburgo nel 1458, Sebastian Brant studiò filosofia e diritto canonico all'università di Basilea dove insegnò per lunghi anni. Nel suo libro, egli ritrasse con particolare acume un centinaio di vizi e follie, ognuno rappresentato da un personaggio diverso. Si soffermò inoltre su una serie di peccati quali la tracotanza verso Dio, il cercar moglie per denaro o le cattive abitudini tenute dai popolani in chiesa. Molti capitoli sono legati da un tema comune, quello della nave che trasporta una genia di stolti verso le coste di Narragonia, l'isola dei folli. Per l'autore, puritano ante litteram, la sintesi della Follia è il Carnevale. Parlando infatti della Follia, giunse a questa conclusione: "...e quando le sue brame / Han reso uno di lor proprio demente, / A lui crede che spetti, e giustamente / Di Re del Carnevale la corona". Il testo di Brant è impreziosito da numerose xilografie di Albrecht Dürer che ritraggono allegoricamente, e talvolta in senso letterale, peccati, vizi e malcostume. Per il lettore moderno, La nave dei folli è un interessante spaccato su bricconi, pazzi e imbroglioni d'epoca medievale.
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