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Fernando Arrabal, la vita dell'ultimo surrealista tra Mishima e Jim Morrison


  
 
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Lo scrittore che fondò il movimento Panico, oggi a Milano, ricorda per Libero l'amicizia con Beckett e Breton e i viaggi psichedelici con il leader dei Doors
A casa di André Breton, il principale teorico del Surrealismo francese, il telefono squilla improvvisamente. Sono le tre di notte dell'otto ottobre 1953. Breton si sveglia e risponde di malavoglia: «Qui è Breton... Chi è che parla?». Risponde una voce giovanile, quella di un ragazzo arrivato a Parigi solo venti minuti prima e subito precipitatosi in una cabina: «Sono Jodorowsky... Sono venuto a salvare il Surrealismo». «Ma... Beh... Noi non ci conosciamo...». «Non importa... Sono Jodorowksy, sono arrivato ora e sono venuto a salvare il Surrealismo». Breton cerca di calmare il suo interlocutore entusiasta e gli dà un appuntamento: «Domani alla Promenade de Venus». Risposta: «Non domani, adesso!».
Questa è la foga con cui Alejandro Jodorowsky – autore ancora oggi sulla breccia, collaboratore di giornali, saggista, esperto di occultismo, celebrante del matrimonio del cantante Marilyn Manson – è apparso sulla scena nella capitale francese. A salvare il Surrealismo da se stesso e dalle derive marxiste non ci riuscirà, però s'imbarcherà in un'esperienza altrettanto interessante: il movimento "Panico", fondato assieme a Roland Topor e Fernando Arrabal. Proprio quest'ultimo è uno dei grandi protagonisti del Festival della Modernità in corso fino a domenica nella villa San Carlo Borromeo di Senago, vicino a Milano. Del "Panico" Arrabal è stato il grande animatore, l'artista che ne ha messo in pratica fino in fondo la poetica anticonformista, libertaria e, in fin dei conti, surreale, perché alla "chiesa" di Breton il Panico si è spesso e volentieri intrecciato, come racconta il bel saggio "Panico!" di Antonio Bertoli, di prossima uscita per Giunti.
Nel 1955 Arrabal giunge finalmente a Parigi dalla Spagna e, appena sbarcato, scrive una lettera a Samuel Beckett, che gli risponde e diventa presto suo amico. «Ho conosciuto bene Beckett con cui giocavo a scacchi» spiega Arrabal a Libero «mi ha concesso il piacere e l'onore di parlare delle mie opere in modo elogiativo, e ha scritto ai giudici di Madrid una lettera molto bella in mia difesa, dal momento che gli avevano impedito di venire a Madrid».

La censura marxista
Arrabal, in effetti, è in gamba e presto i senatori dell'intellighenzia transalpina si accorgono di lui. Nel 1958 conclude il suo primo romanzo, "Baal-Babylone" e viene messo in scena da Jean Marie Serrau il suo "Pic Nic in campagna". L'opera successiva, "Guernica", viene notata da Sartre. Il guru dell'esistenzialismo si entusiasma e vorrebbe pubblicarla su "Les Temps Modernes", scrivendo addirittura una prefazione di 48 pagine. Quando tutto è pronto, l'uscita viene fissata per il 1959. Poi, però, qualcuno dal Partito comunista spagnolo alza la cornetta e chiama Sartre: Arrabal è anarchico, non allineandosi ai compagni fa il gioco di Franco, i suoi scritti non vanno pubblicati. Sartre obbedisce, ma Arrabal non si risente più di tanto. Ha perso l'occasione per farsi definire "sartriano", cosa che gli avrebbe fatto «orrore». «Sartre ha dato prova di dogmatismo volendo mostrarsi via via più di sinistra» dice «a me non piace che si trattino da salauds (borghesi in malafede, ndr) tutti coloro che non adottano rigidamente un certo punto di vista. Inoltre ha finito per cadere nell'ingenuità lasciandosi burlare dai cubani e dai cinesi. Tuttavia ha avuto la fortuna di avere alla fine un segretario molto intelligente: Benny Lévy. Grazie a lui non ha più sognato chimere o utopie sanguinanti».
Breton, invece, decide di includere alcuni suoi testi nella rivista "La Brèche". È il 1962: il Panico fa sentire i suoi primi vagiti. Nel '63 ne esce anche il manifesto. «Io e Jodorowsky frequentavamo il gruppo surrealista e avevamo deciso di fare qualcosa di differente perché, benché fossimo soddisfatti di avvicinare Breton, non apprezzavamo il carattere un po' troppo serioso e autoritario dei rapporti che intratteneva col gruppo» dice Arrabal. «Il Panico è fondato essenzialmente su due pilastri: il ruolo della memoria, della confusione, e l'importanza del caso».

I guai con Franco
Comincia l'ascesa, che si porta dietro un bel po' di guai. Nel '66 Arrabal viene invitato in Giappone da Yukio Mishima a vedere la pièce "Hitler aveva ragione". «Sono stato contento di poter incotrare Mishima» racconta «nonostante io non condividessi affatto il suo entusiasmo per tutto quello che concerneva l'attività materiale. Ho preferito fare la conoscenza di Terayama perché con lui ho potuto giocare agli scacchi giapponesi: il shogui». L'anno successivo, però, arriva la scomunica dal regime franchista (che molto tempo prima aveva condannato alla prigionia suo padre). Il romanzo "Feste e riti della confusione" costa ad Arrabal l'accusa di ingiuria alla nazione e blasfemia. Lo arrestano a Madrid e viene liberato solo grazie alla mobilitazione dei vari Beckett, Ionesco e Miller che fanno propaganda a suo favore. «Più tardi» dice lo scrittore «ho pubblicato una Lettera al generale Franco in cui esponevo tutte le sventure che rappresentava per la Spagna. Ecco perché ero considerato persona non gradita dal regime». Nel suo Paese, Arrabal non metterà piede per diverso tempo. Nel 1984, si ripeterà con Fidel Castro, indirizzandogli un libro poetico nei toni, ma spietato nella condanna. [Lettera a Fidel Castro: 1984 (edizioni Spirali)].
Dalla fine degli anni Sessanta all'inizio dei Settanta, Arrabal frequenta, oltre a scrittori e artisti, anche musicisti come John Lennon e Jim Morrison. Con il leader dei Doors, nel '68, parte per un viaggio in Messico, dove si trova da qualche temo anche Jodorowsky. «Io mi ricorderò sempre di Jim Morrison, che è stato un poeta nella sua vita quotidiana» dice, ma su quel viaggio non vuole aggiungere molto altro: «Nel 1968 in Messico siamo caduti entrambi in una trappola che ci avevano teso e ci siamo fatti molto male per uscirne». In un articolo di qualche anno fa, tuttavia, è sceso nei dettagli: invitato da un magnate messicano per uno spettacolo, si dedicò a tutt'altre attività. Tanto che, una notte era «talmente "fuori"» che vide «con tutta chiarezza» Morrison che levitava e lo salutava dicendogli «Adios Hombre!».
«Pochi anni prima di morire Jim Morrison si era rivolto a me» ha scritto ancora Arrabal «e questo mi meraviglia ancora oggi, perché io ho molto più da imparare da questi tipi che da me stesso». O dai marxisti alla Sartre.
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LA POLITICA
Il Festival della modernità si tiene a Villa San Carlo Borromeo a Senago, vicino a Milano, organizzato dalla "Università internazionale del Secondo rinascimento". Il tema di questa edizione è "La politica". Ne discuteranno tantissimi ospiti tra cui Viktor Erofeev, Harry Wu, Carlo Sini, Paolo Pillitteri e Fernando Arrabal.

 
Relazioni
eco di stampa di Fernando Arrabal ( )
LA POLITICA (Festival della modernitą)





 
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