Un dissidente spiega che cosa (non) è cambiato con l'avvento del nuovo leader. Con un consiglio a Barack Obama.
Sono passati 50 anni da quando, l'8 gennaio del 1959, Fidel Castro giungeva a L'Avana completando la rivoluzione, ma per il popolo cubano è un anniversario tristissimo: da mezzo secolo vive privato di ogni qualsivoglia libertà. E Raúl è addirittura peggio del fratello Fidel. Armando de Armas, scrittore cubano - in Italia ha appena pubblicato con Spirali Miti dell'antiesilio (pagg. 135, euro 17) - voce di radio Marti, molto ascoltata dagli esuli cubani a Miami, parla a buon diritto. È stato incarcerato per le sue idee politiche, riuscendo a scappare in Florida in barca. Può una rivoluzione durare mezzo secolo senza allentare un po' i suoi vincoli? «Il popolo cubano fa la fame oggi come 50 anni fa. Certo, l'analfabetismo è stato abbattuto, vantiamo un gran numero di laureati e medici, ma per avere uova e latte dobbiamo ancora usare la libreta, ovvero la carta annonaria. Nessuno può esprimere il proprio dissenso. In ogni quartiere c'è il chivato, lo spione del regime. I prigionieri politici in carcere sono più di 250. L'isola sta in piedi solo grazie ai dollari dei familiari espatriati e al petrolio di Chávez». Non è proprio cambiato nulla con Raúl? «Speravamo che il fratellino fosse un riformista, invece si sta rivelando più ortodosso nell'applicare l'ideologia comunista. Ha incrementato la repressione contro i piccoli commercianti, ignorando quanto il mercato nero sia vitale per l'economia dell'isola. Le aperture di facciata che tanto risalto hanno avuto sui media stranieri mi fanno ridere. Prendiamo il telefonino: ora un cubano ha la libertà di comprarlo ma non ha i dollari per farlo, e le comunicazioni sono controllate. Basta una parola sbagliata e viene ritirato». Che cosa può cambiare con Obama alla Casa Bianca? «Ha detto di voler parlare con Castro senza condizioni. Sbaglia. Poiché Castro è un dittatore, Obama deve porre condizioni. Ovvero la liberazione degli oppositori in carcere, elezioni libere, possibilità di formare partiti politici. Deve costringere il governo ad allentare la pressione. Legittimare Castro parlandogli non darebbe niente al popolo cubano. Che vuole libertà». (Angelo Sarasi)
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