Nel suo ultimo libro Boris Nemtsov racconta l'isolamento in cui si ritrova il suo Paese dopo la "cura" dello zar Vladimir
Nel libro "Disastro Putin, libertà e democrazia in Russia" (Spirali 2009), che si svolge come una conversazione, Boris Nemtsov propone uno spaccato degli ultimi vent'anni in Russia e disegna gli scenari immediati e prossimi del suo Paese. Nemtsov ha partecipato alle recenti elezioni "sospette" per la carica di sindaco di Soci, località russa sul Mar Nero con le montagne del Caucaso sullo sfondo, che è stata scelta come sede delle Olimpiadi invernali del 2014. Domenica 26 aprile, alla fine, è stato rieletto, come previsto, Anatoli Pakhomov, che gestirà il budget olimpionico di sei miliardi di dollari, mentre Boris Nemtsov ha raccolto il 13% dei voti. Nemtsov è molto noto in Russia e all'estero per essere una delle principali voci democratiche del Paese e per aver creato, nel 1988, il movimento "Rossija molodaja" (Russia giovane), confluito poi nel blocco "Sojuz pravyc sil" (Unione delle forze liberali). Uomo di fiducia di Boris Eltsin, simultaneamente a Putin, Nemtsov è uno dei rappresentanti veri dell'opposizione in Russia. Nel 1997/1998 è stato vice premier del governo e ministro per l'energia e il combustibile, data anche la sua formazione come fisico. Recentemente ha collaborato alla formazione del movimento "Solidarnost", che condensa tutte le forze democratiche e liberali del paese, il cui leader è lo scacchista Garri Kasparov. Personaggio centrale del libro di Nemtsov è Vladimir Putin. Nato nel 1952, Putin è reclutato dal Kgb non appena esce dall'università e ci resta fino al 1990. Si lega quindi al sindaco di Leningrado e ricava una posizione nell'ambiente politico della città. Il suo destino prende un'altra strada quando, nel 1998, Eltsin lo nomina a capo dei servizi di sicurezza interni (Fsb). La sua adozione a delfino da parte di Eltsin malato risulterà decisiva per la nomina a primo ministro l'anno successivo. La gestione implacabile della guerra in Cecenia permette a Putin di conquistare anche l'opinione pubblica russa. Alla fine del 1999, con le dimissioni di Eltsin, si aprono per Putin le porte del Cremlino. Il nuovo presidente ripristina in Russia un forte centralismo oligarchico nella gestione del Paese e della sua amministrazione, specialmente attraverso il controllo dei media, della burocrazia e di un certo ambiente economico-affaristico. Sono questi i tre capisaldi del regime putiniano. «Oggi al Russia è completamente isolata - scrive Nemtsov -. Tranne Aleksandr Lukasenko, Hugo Chavez e Raul Castro e forse anche Muhammar Gheddafi, nessun altro appoggia la Russia. Perché? Il fatto è che la Russia non è l'America. L'America è un Paese ammirato segretamente, nel proprio intimo, da milioni di persone nel mondo intero. Anzitutto, l'America è il Paese delle possibilità reali: è straordinario che a un uomo di colore, con moglie di colore e padre keniota, sia data la possibilità di guidare un paese che si è sempre considerato Wasp». Continua ancora Nemtsov: «In America la gente può realizzare qualcosa anche partendo da zero (...). Tutto quanto ci circonda è nato negli Usa. Possiamo amare o non amare l'America ma è così. E tutti tengono conto di questo, capiscono che il Paese dispone di un fantastico potenziale innovativo e offre possibilità straordinarie. In altre parole, propone valori che attraggono per la loro concretezza quotidiana. Quali valori propone la Russia?». La Russia è il più grande Stato del mondo come superficie, detiene un arsenale nucleare temibile, è membro permanente del G8 e del Consiglio di sicurezza e dispone di risorse naturali considerevoli. Parallelamente, però, il governo di Mosca deve gestire una struttura federale molto complessa - costituita da 86 entità amministrative principali - che ha già mostrato forti tensioni legate alle differenze di nazionalità e di religione. Inoltre, la natalità è in declino e i problemi sociali, invece di migliorare, sono peggiorati. L'economia globale del Paese non decolla perché le infrastrutture sono molto carenti e il governo non è interessato a investirvi. Negli anni in cui Putin è stato al governo, la rete stradale si è ridotta di cinquantamila chilometri. Denuncia Nemtsov: «L'Europa e l'America costituiscono insieme il 50% dell'economia mondiale, la Russia, invece, il 3%, diciassette volte meno. Non c'è parità. Non ci sono più i paesi dell'Europa dell'Est, i Paesi Baltici, la Cina, che fanno storia a sé. Perciò non ha più senso parlare di guerra fredda. Ma la corsa agli armamenti ci sarà. Attualmente la Russia spende in armamenti 40 miliardi di dollari, circa il 20% del bilancio statale, ma in futuro investirà due volte di più. Dove prenderà i soldi? Dalle tasche dei pensionati, degli insegnanti e dei medici. Quindi, la povertà è il problema più importante». La povertà è un problema che continua a attanagliare la Russia - tranne la ristretta casta dell'oligarchia finanziaria e dei burocrati -, con 38 milioni di persone che ricevono 100 euro al mese di pensione, ne pagano 70 per l'appartamento e restano con un euro al giorno per vivere. Altri 25 milioni vivono con meno di due dollari al giorno. L'aspettativa media di vita degli uomini è di 59 anni, la sanità è disastrosa, l'alcolismo è diffuso. Ma Putin, prosegue Nemtsov, «certamente farà carri armati e missili». Per quanto riguarda l'uso dei media e la libertà, l'esponente dell'opposizione democratica evidenzia come le televisioni siano l'argomento prediletto di Putin. «Il putinismo si differenzia dal comunismo in senso positivo - rileva Nemtsov -. Punta a una strategia dittatoriale più liberale. Limita solo le libertà politiche. Si può andare ovunque, frequentare chiunque, accedere a Internet, leggere di tutto, scrivere libri, persino criticare pesantemente Putin. L'unica cosa vietata è aspirare al potere. E a un'informazione veritiera (...) La televisione deve rimanere sotto il controllo di Putin». La Russia è il principale produttore al mondo di petrolio e ha superato l'Arabia Saudita nel 2007. «Ritengo che l'aggressività, l'inadeguatezza e la profonda incapacità di capire com'è fatto il mondo siano dovute ai petrodollari che ci sono piovuti addosso», scrive Nemtsov. Se il pianeta incomincerà a risparmiare energia, «Se compariranno nuove tecnologie e il prezzo del petrolio crollerà, il regime di Putin e di Medvedev non sarà in grado di sopravvivere». Sull'imprenditoria, l'esponente democratico individua alcuni gravi problemi. «Il primo - denuncia - è lo strapotere dei monopoli». Chi vuole aprire un'attività e deve allacciarsi alla rete elettrica, alla rete del gas, alla rete idrica eccetera, dal momento che sono tutti monopoli, dovrà sborsare cifre esorbitanti. Un altro problema è che i burocrati sono «un milione e seicentomila, hanno una famiglia e vogliono mangiare (...). Chiunque voglia aprire un esercizio deve ottenere le debite autorizzazioni (...) e nessuno dà niente gratis, dappertutto bisogna pagare». Putin favorisce, anzi «crea il capitalismo di stato a favore delle imprese cosiddette statali», spiega Nemtsov. Le imprese pubbliche sono compagnie che «non sottostanno a nessuno. Neppure allo Stato. Non hanno consigli di amministrazione e il rendiconto finanziario non è trasparente. Dispongono di denaro pubblico, perciò non hanno interesse a battere la concorrenza, perché sperperano soldi stanziati dallo Stato». Paradossalmente però, nonostante tutti gli sforzi di Putin, l'economia è fondamentalmente privata. «Circa il 70 per cento del Pil è in mano ai privati (...) - sottolinea Nemtsov -. Il fatto è che noi "mascalzoni riformatori", negli anni Novanta, abbiamo avviato in modo attivo le privatizzazioni. Perciò Putin deve fare molti sforzi se vuole nazionalizzare tutto».
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