È un'opposizione fisiologica, di cui andrebbe fiera ogni democrazia. Così, il presidente georgiano Mikheil Saakashvili, minimizza le manifestazioni di protesta che da settimane chiedono le sue dimissioni. Ieri, nell'anniversario dell'indipendenza della piccola repubblica caucasica, oltre centomila persone sono scese in piazza a Tbilisi, gridando "Misha vattene" e "Lunga vita alla Georgia senza Saakashvili". Presidente, si direbbe che i georgiani vogliano disfarsi di lei. È così? «Non mi vogliono più quegli oppositori che ieri hanno bloccato la capitale e che chiedono la mia testa. Ma noi li trattiamo con molta più gentilezza di come, per esempio, la polizia italiana trattò gli studenti a Napoli nel 2006. Ovunque ci sono battaglie politiche. Non vedo perché non dovrebbe essere così anche in Georgia». Eppure, ieri, la leader dell'opposizione Nino Burdzhanadze, che è anche la più accreditata come prossimo presidente, ha detto che ormai non si parla d'altro che delle sue dimissioni. «Posso garantirle che non parlano d'altro dal giorno della mia elezione, nel lontano 2004, eppure sono ancora al mio posto e i sondaggi mi assicurano ancora una forte maggioranza. Il resto sono soltanto slogan politici. Sono riuscito a costruire nel paese una democrazia simile ai modelli dell'Europa occidentale. Sono lontani i giorni della guerra civile, in cui in Georgia erano tutti armati e ci si ammazzava per le strade». Che cosa risponde a quegli oppositori che le rinfacciano di non saper affrontare la crisi economica? «Che sono falsità». E a coloro che la criticano per aver aggredito l'Ossezia del Sud e perso la guerra contro la Russia? «Mi dica lei che cosa potevamo fare contro duemila carri armati russi? Ad agosto siamo stati invasi dalle stesse truppe che invasero l'Afghanistan nel 1979 e la Cecoslovacchia nel 1968. Ora, sebbene il nostro territorio sia ancora occupato per il venti per cento della sua superficie, la nostra economia è ripartita alla grande. Noi non ci siamo mai arresi, eppure siamo riusciti ad evitare che la Georgia finisse nel caos. La guerra dell'estate scorsa ci ha semmai avvicinato ancora di più all'Europa e alla Nato». L'ex presidente Bush è sempre stato un suo grande sostenitore. Che relazioni intrattiene con Obama? «Bush l'ho incontrato diverse volte, mentre con Obama ancora non ci siamo conosciuti di persona. Ma ho parlato con lui per telefono, e il presidente mi ha garantito l'interesse americano di mantenere una partnership strategica con il mio paese. Per definire le operazioni russe in Georgia, Obama ha usato la parola "invasione", la stessa che usò Reagan riferendosi all'armata rossa in Afghanistan. Sono quindi molto ottimista sulla mia futura amicizia con il nuovo presidente americano». Per quale motivo è in visita a Roma in un momento così delicato per lei? «In Italia sono venuto due o tre volte in veste ufficiale, ma stavolta sono qui per presentare il mio libro Io vi parlo di libertà (edito da Spirali, ndr). Ne approfitterò per parlare del mio paese, poiché non credo gli italiani lo conoscano abbastanza bene».
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