The Second Renaissance
     
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Uno sguardo distaccato e canzonatorio


  
 
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"Fisimario 2008. Lettere immaginarie", la raccolta delle epistole scritte da Ruggero Guarini

Un grande spirito del passato, partendo da un tema d'attualità, scrive a un personaggio pubblico del tempo presente per mostrare a seconda dei casi - con uno sguardo distaccato e canzonatorio - le meschinità, la volgarità e la mediocrità del presente. È l'artificio alla base delle "lettere immaginarie" che da anni Ruggero Guarini pubblica sull'agenzia di stampa Il Velino. Quelle ispirate dagli eventi del 2008 sono adesso confluite in un libro, "Fisimario 2008. Lettere immaginarie", edito da Spirali e presentato a Roma all'Hotel Nazionale. Un campionario "enciclopedico", quello di Guarini, in cui è possibile trovare Niccolò Machiavelli e Rosa Russo Iervolino, Al Capone e Franco Piperno, Adolf Hitler e Carla Bruni, Nikolaj Lenin e "il compagno Bush".
Senza mai rinunciare a vere e proprie "fisime" dell'autore, come quella sulla giustizia, che in un anno prende carta e penna per scrivere sulla questione morale, agli italiani e a Silvio Berlusconi e affiora nelle sei epistole dedicate ad Antonio Di Pietro e nelle cinque per Roberto Saviano. Lettere, quelle di Guarini, "che sono tutto meno che immaginarie", secondo l'ex senatore Lino Jannuzzi, che del Velino è stato il primo direttore, "perché attraverso questa forma mediata dell'ironia, interviene sui temi più scottanti del giorno senza ipocrisie né artifici retorici. Guarini è l'editorialista politico del Velino, che gli piaccia o no".
Per Maurizio Marchesi, direttore responsabile del Velino, quelle che Guarini nelle sue telefonate di preavviso chiama "letterine", "sono spunti che ci portano a fare riflessioni comuni, un tentativo sempre riuscito di esprimere una visione dei problemi al centro del confronto politico, civile e culturale, contro le tendenze correnti ancora dominate dagli 'ismi' del secolo scorso. Le sue lettere esprimono una linea di resistenza e di attacco per svecchiare il mondo della cultura e dei giornali". Daniele Capezzone, direttore editoriale dell'agenzia, ha osservato che le "lettere" di Guarini determinano "una situazione unica, perché non è il corsivista ad adeguarsi alla 'linea', ma è l'agenzia a inseguire e correre dietro al suo editorialista. E poi c'è il merito, nei numerosi travestimenti di Guarini, di sfidare la pretesa superiorità culturale, etica e politica della sinistra, che tende a fare divisioni sulle linee di demarcazione colti-incolti, buoni-cattivi e democratici-antidemocratici". Per il filosofo Vittorio Mathieu è invece "la capacità di sapersi calare nella personalità dello scrivente" la cifra distintiva delle lettere immaginarie. "Come nella lettera che Eraclito invia allo scienziato Edoardo Boncinelli - cita Mathieu - che ritiene possibile la comprensione dei meccanismi della coscienza sulla base dello studio del sistema nervoso e cita un suo pensiero sull'impossibilità di 'trovare i confini dell'anima'. Oppure quella sul discorso di Spello di Walter Veltroni, in qui Gioacchino Rossini fa riferimento al giudizio espresso su un giovane compositore che lo aveva pregato di esaminare una sua partitura: 'Ciò che è nuovo non è bello e ciò che è bello non è nuovo'. È questa capacità di non dare mai per scontato l'interlocutore - rimarca Mathieu - anche azzardando accostamenti non banali, il merito principale di questo modo di lavorare: un politicamente scorretto che però è culturalmente corretto".
"Lezioni di esperienza", secondo il moderatore Michele Marin, dove "le lettere sono immaginarie, ma non lo sono invece i contenuti e i nessi logici. Soprattutto mai prevedibili, visto che può accadere che il profeta Maometto scriva al ministro Carfagna, indignata per le pagine insolenti dedicate alla sua persona su internet, ricordando come sia l'unico che nessuno si permette più di insultare e nemmeno punzecchiare". "Oltre 100 lettere che scardinano le unità aristoteliche di tempo, luogo e azione - nota lo psicanalista Sergio Dalla Val - in un contesto culturale che parte da Napoli ma investe le questioni globali del nostro tempo".
"Ho la non troppo vaga sensazione che si esageri il mio contributo - si schernisce Guarini -. Sono solo uno scrivano quotidiano che cerca di trovare i cortocircuiti fra i grandi spiriti del passato e la banalità del presente". Ma senza mancare di riservare l'ultima battuta alla principale fisima, fra le tante raccolte nel "Fisimario", ovvero l'antistoricismo, tanto nella sua versione crociana quanto in quella marxista. "Non ho mai creduto che esista una storia come un inverarsi di una determinata possibilità lungo un tracciato lineare. Non ho mai creduto che ci troviamo sul picco di un monte, in una posizione privilegiata rispetto al passato. Per questo - conclude Guarini - molte lettere sono indirizzate contro quello scientismo di chi pensa ancora che sia possibile arrivare a vedere l'anima al microscopio".

 
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