La pittura è situata da Leonardo in cima alle arti e alle invenzioni. Ove le arti e le invenzioni si scrivono e si cifrano. La pittura. La parola originaria. La sua logica. La sua scrittura. La sua cifratura. La pittura non è opera d'imbianchini, com'era ritenuta fino alla sua epoca. Da Platone in poi vige la distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, tra lavoro della téchne, dell'arte, e lavoro della scienza, dell'epistéme. Ma di quale scienza? Quella che una comunità filosoficoreligiosa greca vuole imporre tramite i suoi postulati: postulato dell'unità, postulato del compromesso cosmico o sociale, della conciliazione, sempre con il riferimento alla morte.
Leonardo. Dal 1452 al 1519. La stampa. Le invenzioni. Le arti. L'America. L'altra Europa. Altra l'Europa. Quindi l'Italia. Leonardo si trova al di qua sia della Riforma sia della Controriforma. Si trova esente da morale. Ha una sua etica, essenziale. Etica della parola. Etica nella ricerca. Disegna e scrive intorno al carro semovente e intorno al carro volante. Quando sta per dire del carro sottomarino, non dà la scrittura né il disegno di questa invenzione perché gli uomini potrebbero utilizzarla per i loro ammazzamenti. Il pittore non deve mai fare l'autoritratto.
Il genio malato "Guarda a torre le parti bone di molti volti belli, le quali belle sieno confere più per pubblica fama che per tuo giudizio, perché ti potresti ingannare togliendo visi che avessino conformità col tuo, perché spesso pare che simil conformità ci piaccino". Il pittore deve fare in modo che ciò che sta dinanzi non gli somigli; farebbe altrimenti come il fidanzato che cerca nella sua fidanzata qualcosa che gli somigli. "E per questo molti s'innamorano e prendono moglie che loro somiglia".
Non c'è autoritratto. Quello di Torino, a voi noto come l'autoritratto di Leonardo, è un disegno comparso verso il 1840, quando viene venduto da Giovanni Volpato di Riva di Chiari al re Carlo Alberto. Compare all'improvviso: potrebbe essere stato disegnato in quel momento o qualche tempo prima, ma di esso non c'è traccia per tre secoli e mezzo. E non c'è nessun'altra opera che possa dirsi autoritratto. A noi va bene anche così: non c'è nessuna immagine di Leonardo.
Leonardo non è il genio universale, il grande precursore di leggi scomparse che non hanno ormai nessun interesse. Il suo testo nulla condivide con quell'antologia di luoghi comuni di cui nemmeno una frase attribuita a Leonardo è davvero di Leonardo. Leonardo non è nemmeno il genio malato, creato dall'ideologia angloamericana per essere umanizzato. La lussuria di Leonardo è senza nulla di morale. Lusso del tempo. Lusso dell'Altro. Lussuria. Irrapresentabile.
Leonardo scrive, annota, disegna. Porta dovunque un taccuino con sé. E dice al pittore: "Per una testa si faccia un 0" e per un braccio una linea retta o piegata. "E tornando alla casa, fare tali ricordi in perfetta forma", poi arrivi a casa e dipingi procedendo dallo zero. Da questa retta che poi, dice lui, non è retta, da questa spirale ti viene un bel personaggio, una bella figura... Come, dallo zero? Dallo zero.
L'esperienza della pittura è l'esperienza stessa della parola. La scienza della pittura è la scienza stessa della parola. Scienza della parola. Anziché scienza del discorso, scienza del logo, scienza del sistema.
È la lezione che nei vari settori l'Italia non ha colto. Noi siamo in un'epoca di debolisti, di pensiero debole. Eco, Severino, Vattimo sono debolisti. I francesi traducono: la pensée débile. Qui non è questione di pensiero debole. Qui c'è l'altra logica delle cose. La logica della parola. La particolarità. L'idioma. Non si tratta di trovare in piccolo quello che era il grande sistema filosofico e di quotidianizzare, di secolarizzare sempre più, di rendere sempre più ordinario, sempre più luogo comune quello che è il discorso occidentale. Questione di forza della parola. Questione di pulsione: le cose si rivolgono alla qualità, alla cifra. Leonardo indica la forza come "virtù spirituale", cioè virtù intellettuale, come proprietà, come rivoluzione della parola.
Le pagine di Leonardo sono pubblicate soltanto negli ultimi venti anni, restituite nella loro lingua. Tutto quello che è stato scritto prima prescinde dalla lettura del testo di Leonardo. la storia dell'arte non c'è più. Neppure la storia della letteratura. Neppure la storia della cultura. Neppure la storia del discorso scientifico.
Una spugna colorata C'è il pittore che non sa niente di quello che fa e crede, appunto come Botticelli, che basti gettare una spugna piena di colori sul muro per vedere nella macchia "un bel paese", paesaggi, città, castelli e figure e storie o la Cena... Non è così. Può accadere al pittore di mettersi davanti a un muro e lì, dove altri trovano le macchie per i test dell'intelligenza che poi sono test dell'idiozia dello psicologo, trovare ispirazione, man mano, per il disegno, le storie, i paesaggi, le figure, le città, le pianure, il cielo, il paradiso e dipingere. E disegnare, perché lui prima disegna, disegna di rilievo.
Michelangelo dice: Io sono scultore, perché, anche quando dipinge, egli è scultore. Leonardo dice: Io sono pittore. Anche come architetto, anche come scultore, egli è pittore. Situa la pittura in cima alla scienza della parola. A lui importa, più di qualsiasi altro, la qualità. Leonardo è uomo di bottega, uomo che inventa la bottega in altro modo. La bottega del Verrocchio per lui è stata essenziale, molto più di quanto non venga riconosciuto. Ma poi inventa la sua bottega. Comincia a Firenze con due collaboratori. Poi la porta a Milano. Poi con sé, a Venezia, in Romagna, a Firenze, a Roma a Amboise. La bottega. La Cena di Leonardo. Gli apostoli, Cristo, l'ambiente, lo scenario. Leonardo è, delle feste di Milano, in particolare della festa del paradiso, lo scenografo e il regista. E così è per la Cena, a destra e a sinistra del Cristo. Il vento va e poi viene. Il vento viene e poi va. Come dice l'Ecclesiaste. Ma per interessarsi al vento che viene e che va e all'onda, lui fa l'indagine intorno al vento e intorno all'onda. L'acqua da sé non si muove, se non discende.
Il testo di Leonardo è da leggere. Ancora. E senza posa. Io ho proposto questa lettura integrale, un po' narrativa, un po' mettendomi accanto al testo di Leonardo, seguendolo man mano, senza trascurare nulla, dando a mia volta la parabola del testo di Leonardo, come mi accade spesso quando scrivo. Scrivo mille pagine e poi ne redigo trecento per l'edizione; e le altre rimangono lì. E ho fatto così come fa lui, piccoli capitoli. Dice Leonardo che scrive "con conclusiva brevità". Non ha tempo. È lo scrittore nell'accezione più moderna. Poi Ariosto potrà scrivere l'Orlando furioso (può considerarsi il primo romanzo) o Cervantes il Don Chisciotte. E Machiavelli può scrivere il Principe e la Mandragola e altro, essenziale.
Cosa dice Machiavelli? Mi faccio popolo per osservare il principe, mi faccio principe per osservare il popolo, faccio come il cartografo. Ma chi parla del cartografo in questi termini? È Leonardo, il suo amico, l'amico che lui poi a Firenze, con il gonfaloniere Pier Soderini, cerca di favorire, affidandogli, fra l'altro, la Battaglia d'Anghiari, che non termina perché Luigi XVI insiste perché vada a Milano, assolutamente. Benvenuto Cellini dice che finché era lì, era la scuola del mondo. Cosa fa Georgetto Vasiellario, come lo chiama Benvenuto Cellini? Giorgio Vasari che cosa fa del dipinto di Leonardo, della Battaglia d'Anghiari? Ve lo descrive. Lo ammira in maniera "magnifica": influenze astrali, il divino Leonardo, ecc. E poi che fa? Ci dipinge sopra la propria roba, degna di Georgetto Vasiellario. Il cartone era rimasto all'ospedale di Santa Maria Novella, e chissà dove sia andato.
Tante opere che sono attribuite a Leonardo non sono di Leonardo. I vari paesi vogliono che siano di Leonardo per patriottismo, perché hanno creato il loro Leonardo, lo hanno naturalizzato, nazionalizzato. Al Louvre ce ne sono due di Leonardo, La vergine delle rocce e La Gioconda. Al Louvre, le opere attribuite a Leonardo si somigliano tutte fra loro, ma non somigliano alle opere attribuite a Leonardo negli altri Paesi. Come mai? Il restauro francese è differente dal restauro polacco, dal restauro russo, dal restauro americano. Io dico che tante opere che sono all'Ambrosiana o a Brera, se fossero a New York, a Parigi, all'Ermitage a San Pietroburgo, accorrerebbe una schiera di critici immediatamente a dire: ma questo è Leonardo!
L'amante di Francesco I Per raccontarvi un aneddoto, nel secolo scorso un ritratto di dama della fine del Quattrocento viene preso per il ritratto dell'amante di Fracesco I e, siccome ha un cerchietto sulla fronte, la chiamano la Belle ferroniére. Diventa celebre è l'amante di Francesco I, perbacco! E siccome è celebre, come si fa a non renderla ancora più celebre? "È di Leonardo!" Perché tutto ciò che circola nell'arco di due secoli e oltre è di Leonardo. Eh, no, non c'entra niente con Leonardo. È un ritratto di dama della fine del Quattrocento lombardo, ma fatto da un bolognese e Leonardo non è bolognese, con tutto il rispetto per i bolognesi. Passa da Bologna, nel 1515, per incontrare Francesco I e gli manda incontro un leone. Il leone cammina. Arrivato davanti a Francesco I si spalanca il petto e mostra i gigli. È uno dei tantissimi automi, i ghiribizzi come dice Matteo Bandello, zio di Vincenzo Bandello, il priore di Santa Maria delle Grazie, che è contro l'Immacolata Concezione. Leonardo dipinge la Vergine delle rocce, cioè un omaggio all'Immacolata Concezione.
È assolutamente smaliziato nel parlare delle cose, disincantato. Per lui natura è l'"artifiziosa natura". E dice: il pittore fa delle cose che la natura non fa. Si tratta di emulare la natura in artificio. La natura che cos'è per lui? L'artificio e viene emulata in artificio. Se la prende spesso con quei pittori dal guadagno facile, che devono subito rispondere alla committenza, fare presto, prima fanno meglio è, prima finiscono e più guadagnano.
Leonardo il regista Egli ha bisogno di molto tempo, di stare lì e interpellare collaboratori, estranei che arrivano. Fa disegni. E ne regala. E si spargono per l'Europa questi disegni. Dice: devi ascoltare quelli che non la pensano come te, però devi stare attento, i giudizi sulla tua opera possono dipendere dall'amicizia, dall'odio, dall'invidia, dall'adulazione. Sta a te, ma il dubbio permane, e deve restare sempre, perché la decisione, nel dipingere procede dal dubbio. Leonardo non dipinge da solo, Leonardo è il regista, colui che conclude, che segue man mano il lavoro, ma non dipinge da solo. Un'opera che esce dalla bottega di Leonardo è l'opera della bottega di Leonardo. Opera di Leonardo. La bottega è la società artificiale. Bisogna inventare società artificiali, dispositivi artificiali. Non ci sono dispositivi naturali. Ciascuno ha uno statuto differente, questo implica la bottega. C'è chi può avere anche lo statuto di uditore e sta lì a dire: qua mi pare che non sia così... La bottega di Leonardo non è la bottega della visione. È la bottega dell'ascolto. Si tratta di ascoltare.
Il maestro è importante. Egli era maestro senza dubbio. E c'erano maestri nella sua bottega. A un certo punto si è detto che Leonardo avesse inventato l'Accademia Leonardo da Vinci. No! Non ne aveva bisogno. È all'epoca barocca, che inventano l'accademia. Quella di Leonardo è la bottega, è più di un politecnico, è più di una scuola dell'artista, è più di un'accademia. Più e altro.
Leonardo dà una lezione essenziale. Una lezione che l'Italia non ha raccolto. Se l'avesse raccolta, non sarebbe stata sottoposta al dominio degli stranieri per secoli. La lezione di Leonardo rimane interamente oggi ancora da acquisire. Leonardo, che si trova a fare le battute contro i tribalismi, contro gli arcaismi, contro i rigurgiti medievali, contro coloro che si rallegrano che lo staterello vicino ha perso la libertà quando poi tocca subito dopo a loro perdere la libertà. A differenti titoli è una lezione assolutamente ancora da cogliere.
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