Alla Galleria Cavour il rigore della ricerca
Alessandro Taglioni, un vortice di colori, di pennellate nervose, di esplosioni cromatiche, in mostra alla Galleria Cavour a Padova fino al 5 luglio. Questa rassegna si riannoda all'ombra del Santo a un evento di quasi 10 anni fa: la mostra di pitture digitali al Museo Civico nel 2000. Persiste l'uso del digitale al ritmo del colore dipinto che incanta con la leggerezza della luce. Non si può giustapporre una pittura ad un'opera letteraria: difficile farle combaciare. Ma Taglioni evoca il Calvino di T con zero o delle Cosmicomiche: una fantastica cosmogonia tra scienza e sogno fatta di cristalli, di arabeschi, di sangue e di mare, è la poesia del microscopico e dell'infinitamente grande, dei quark e delle galassie, dei virus e delle balene. C'è un'essenza che tiene tutto ed è quella della vita. Scrive il critico d'arte Claudio Cerritelli presentando il catalogo di Taglioni: «L'artista non guarda il paesaggio per ricrearne la fisionomia apparente, attinge da esso tutto ciò che gli serve per fare pittura, per rivelare geologie fantastiche, sorgenti luminose, fisionomie botaniche, stratificazioni terrestri, dinamismi aerei che via via si accavallano in un tripudio di frammenti in libertà... tutto sembra animarsi attraverso schegge impazzite, forme costruite di scatto, deformazioni calcolate... la sensazione è quella di un moltiplicarsi di orizzonti sopra i quali posano piccoli alberi, strani animaletti, molecole di natura cromatica, minime presenze che partecipano al clima mutevole totale». I colori sono vivissimi e tendono ad imprigionare la luce ma, lo dice Taglioni, la pittura è questione di rigore e d'integrazione, di combinazione e di tessitura per cui alle tecniche tradizionali (acquarello e olio) si affiancano i nuovi media (foto e pittura digitale). Il medico-scrittore Oliver Sacks racconta in uno splendido libro (L'isola dei senza colore) che nell'atollo di Pingelap in Micronesia, vive una popolazione affetta da una rara malattia ai coni retinici che inibisce la percezione dei colori. Costoro vedono tutto in bianco e nero, ma afferrano una gamma di sfumature dei grigi estremamente ampia e rilevano con estrema precisione le profondità, i rilievi, le tessiture. Ebbene, siamo convinti che Taglioni potrebbe essere letto anche senza la sua scattante, luminosa pennellata proprio per i vortici compositivi: meduse, cristalli, farfalle, ragnatele, grovigli. Scrive Giorgio Segato: «Risonanze e stratificazioni, ritagli e frammenti che contaminano forma e colori, caleidoscopio informale che allude a paesaggi possibili e alle infinite possibilità di sognare sul paesaggio, alle variabilissime prospettive, ai mutamenti del punto di vista e dell'intensità dello sguardo». A tratti affiora l'inconscio o si apre un abisso che mette in comunicazione con un altro universo: «al di là della siepe c'è il buio, sovrumani silenzi e profondissima quiete». Una mostra da non perdere. Di Taglioni è anche il libro La materia, Dio, l'arte edito da Spirali. È un viaggio che ha come pietre miliari Croce, Bontempelli, Dewey, de Saussure, Papini, Sant'Agostino e porta dal Rinascimento alla modernità: con le ragioni del cuore e della testa di chi vive d'arte e nell'arte. (Aldo Comello)
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