«Se il 12 giugno andrà a votare più del 50% degli iraniani, è sicuro che vincerà il riformista Mir Hossein Mousavi. A meno che...». Ebrahim Nabavi, dissidente iraniano più volte incarcerato per libri come Iran. Gnomi e giganti, paradossi e malintesi (Spirali, pagg. 124, 28 €), non si fida di quella che chiama «la banda Ahmadinejad».
Teme brogli elettorali? «Potrebbero inventarsi qualunque trucco, pur di vincere. Ahmadinejad salì al potere grazie a una partecipazione bassissima al voto, meno del 40%. Solo se gli iraniani diserteranno le urne, resterà al suo posto».
Accadrà? «Non credo, perché Mousavi, manager onesto e uomo moderno, anche se molto religioso, può far rinascere l'Iran. E qui la gente, a partire dai giovani, vuole cambiare».
Perché non si sono mai ribellati? «Il movimento riformista è senza mezzi. Sette canali tv nazionali, decine di radio e di giornali, e miliardi di petroldollari sono in mano ad Ahmadinejad, che li usa per comprare i voti».
Con Mousavi cambierebbe anche la politica atomica iraniana? «Per forza! La questione atomica nell'era Ahmadinejad è stata solo propaganda avventurosa: voleva passare per eroe nazionale, come Nasser in Egitto, ma qui nessuno lo ha preso sul serio. Si è piuttosto attirato l'ira della gente, stanca dell'embargo internazionale al quale ha obbligato il Paese, in concomitanza con la crisi economica. Ci ha umiliati davanti al mondo».
(Luca Bergamin)
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