L'INTERVISTA - Lo scrittore Nabavi: «Il movimento di protesta cresce ogni giorno, senza aspettare aiuti esterni. L'obiettivo è chiaro: vanno annullate queste elezioni truccate».
«Di solito gli iraniani non scendono in piazza, ma quando lo fanno, ci restano per 10 anni». Questo è uno dei tanti paradossi con cui Ebrahim Nabavi, il più famoso scrittore satirico iraniano, descrive la situazione attuale nel Paese. Un Paese dove un governo di «gnomi» non accetta l'idea di avere un popolo di «giganti», per dirla con il suo ultimo libro («Iran: gnomi e giganti. Paradossi e malintesi»). Nabavi, sostenitore di Mussavi, ha risposto alle domande di Avvenire a margine di una manifestazione che ha avuto luogo ieri davanti all'ambasciata iraniana a Bruxelles.
Ci troviamo di fronte ad un cambiamento epocale o si tratta solo di una fiammata? Quello che sta avvenendo oggi in Iran non si vedeva da 30 anni. Il nostro movimento è come un bambino che cresce nel grembo materno, giorno dopo giorno.
Che cosa è cambiato rispetto alle elezioni del 2005, quando Ahmadinejad è stato eletto presidente? Il popolo iraniano è sceso in piazza e non ha più paura del governo e della polizia, che è diventata più violenta negli ultimi anni. Ora la Guida suprema è isolata e il clero è dalla parte del popolo.
Come è cambiata la società iraniana negli ultimi anni? Da una parte sono cambiati i modi di fruire delle notizie con la diffusione di internet e delle televisioni satellitari. Dall'altra con Ahmadinejad al potere la classe media ha sofferto molto dal punti di vista politico, economico e culturale.
Si avvicina la resa dei conti per i riformisti? Questi sono giorni decisivi non solo per Mussavi e Karrubi, ma anche e soprattutto per la gente iraniana. Oggi Mussavi ha detto di aver fatto testamento e la polizia ha vietato ulteriori manifestazioni, ma la gente si sta dirigendo comunque verso piazza della Rivoluzione a Teheran. A questo punto si profilano due possibilità: la polizia può ricorrere alla violenza e stroncare le proteste o lasciare che la gente dia vita ad una grandissima manifestazione. Inoltre può darsi che la polizia arresti Mussavi e quindi la tensione aumenti.
Che cosa chiedono i riformisti? Il primo obiettivo è annullare queste elezioni, che sono state truccate, e convocarne delle nuove. Può darsi che questa protesta si trasformi in qualcosa di più grosso, ma il nostro primo obiettivo rimane annullare le elezioni.
Se Mussavi divenisse presidente, cosa cambierebbe nel Paese? Prima di tutto noi vogliamo cambiare il presidente, non il governo. Mussavi ha detto di voler ridurre l'inflazione sotto il 10 per cento. Sul piano culturale, oggi il 70 per cento dei libri scritti in Iran non ottiene il permesso di pubblicazione dalle autorità competenti, mentre ai tempi di Khatami era solo l'uno per cento. Sul piano delle libertà sociali, ai tempi di Khatami le donne non erano obbligate ad indossare il velo e non esisteva la polizia morale. Senza contare che ai tempi di Mohammad Khatami l'Iran godeva di buoni rapporti con gli altri Paesi. E Mussavi ha detto di voler migliorare proprio questa situazione.
Finora il presidente americano, Barak Obama, non si è sbilanciato sulla situazione in Iran. Cosa ne pensa? Come non ci piaceva l'idea che Bush volesse portare la democrazia nel nostro Paese o altrove, così non ci piace l'idea che Obama possa interferire con i nostri affari. In Iran abbiamo un movimento sociale che ha preso posizione contro il governo, e non aspettiamo certo che Obama venga ad aiutarci.
Se il movimento fallisse, cosa succederebbe? Se il movimento fallisse, sarebbe un duro colpo per l'Iran e per il mondo intero. Ma credo che la gente abbia imparato il modo di farsi sentire e non si fermerà. Il governo vuole chiudere il capitolo elezioni in dieci giorni, ma noi vogliamo continuare a protestare. (Gianluca Cazzaniga)
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