The Second Renaissance
     
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Jean d'Ormesson, il bambino di nessuno


  
 
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Pubblicato da Spirali Odore del tempo, un libro pieno di nostalgia per il passato

Il fatto che sua figlia abbia fondato una casa editrice, il desiderio di aiutarla in un modo che non fosse un coup del fil o una lettera di raccomandazione, può esser stato causa della genesi di Odore del tempo (Spirali, pp. 439, euro 34, 2008), libro nel quale Jean D'Ormesson ha raccolto quegli articoli che "avevano un profumo quasi atemporale": recensioni di libri, racconti di viaggio, ricordi d'amici e sogni. Condizione certo necessaria, ma non sufficiente. Perché le undici sezioni, ciascuna preceduta da una breve introduzione che ha già in sé la compiutezza di un trattato, sono molto di più.
Testimoniano la triplice natura di scrittore, giornalista e saggista dell'Accademico di Francia, dando corpo a un vero e proprio compendio della vita culturale del paese oltralpe degli ultimi trent'anni. Nel firmamento di nomi sconosciuti ne brillano alcuni, noti anche al lettore italiano: Marc Fumaroli che "lungi dall'inventare alcunché, si accontenta di sapere tutto", Bernard Pivot il "maestro incontrastato della televisione culturale" che alle casalinghe consigliava, soprattutto, di leggere libri, Marguerite Yourcenar, prima donna eletta all'Académie anche grazie alla "scommessa sul talento" di Jean D'Ormesson, capace di credere nel valore della letteratura prima che in quello della tradizione. E visto che "il presente non si spiega se non con il passato", queste pagine si popolano delle personalità e del pensiero di Valéry, Aron, Cioran, Sartre, Hugo, Balzac, per citarne alcuni. Con Proust e Chateaubriand a farla da padroni. La letteratura è affare di troppa importanza perché se ne occupi senza riserve l'attualità: ecco che "Jean D'O", dallo sguardo aperto ma penetrante, dal sorriso amabile e sfuggente, trasforma ogni articolo in un racconto appassionato, in un'anlisi acuta, rigorosa talvolta ironica e pungente, senza mai essere un pedante erudito. Non stupisce allora il suo desiderio, se non fosse diventato l'intellettuale che conosciamo, d'essere conducente di taxi. "Il lavoro perfetto per chi vuole scrivere" ha dichiarato in un'intervista, "perché mentre si aspetta il cliente successivo si può scarabocchiare qualche parola sul quaderno". Senza mai perdere tempo o, forse, proprio per sentirne l'odore. Tutto scorre: non ci si bagna due volte nello stesso fiume. Le parole, tanto più quelle dei libri, stabilizzano l'incessante fluire del mondo. Anche un solo istante basta a cambiarlo, a cambiarci. "Si può scegliere di ignorare la filosofia. Ma allora si sceglie di ignorare il nostro mondo": l'afflato ermeneutico percorre tutto il libro. Alza la posta in gioco. Facciamo un passo indietro. Ancora il titolo: che odore ha il tempo? Forse quello del sudore di vivere. Scrive D'Ormesson nell'introduzione: "cosa facciamo quaggiù? Quasi niente. Cosa siamo? Niente del tutto. Questo quasi niente è quasi tutto". Attraverso gli incontri con i luoghi, con i libri, con le persone che descrive, veri o immaginati perché "viviamo nei libri quanto nel mondo reale", va alla ricerca, "sempre invano, beninteso", del senso dell'esistenza nel suo orizzonte temporale: quello scandalo della ragione per la simultanea compresenza di essere e non essere, quel paradosso per cui la permanenza è resa possibile dal cambiamento. E l'odore del tempo allora è quello della nostalgia delle cose che non sono più e quello dell'attesa di una fine inevitabile: "non sono il bambino di nessuno" scrive nel brano dedicato alla scomparsa della madre "e non ho più nessuno che mi separi dalla morte". Perché vivere allora? Diceva Paul Valéry che non esiste sforzo inutile: Sisifo, condannato per l'eternità a spingere una pietra fin sulla cima di un monte per vederla rotolare giù subito dopo, si faceva i muscoli. Vivere per sognare, per amare. E ricordare, ad esempio, il ballo di Burt Lancaster con la giovanissima Claudia Cardinale nel film il Gattopardo di Luchino Visconti. La musica è finita, Claudia torna da Alain Delon e il vecchio principe Salina la guarda allontanarsi da lui. "Che cosa vede? la morte. La sua morte. La propria morte". Che ha il volto straziante dell'amore. (Silvia Santirosi)

 
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eco di stampa di Jean d'Ormesson (�)
Odore del tempo (Libro)





 
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