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«La Georgia non si arrende. Ora la Russia è più debole e l'Europa deve schierarsi»


  
 
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L'INTERVISTA: MIKHAIL SAAKASHVILI

Per un anno si sono guardati da lontano, con gli occhi diffidenti e rabbiosi dei nemici. L'estate scorsa la guerra tra la Russia e la Georgia ha tenuto l'Europa e gli Stati Uniti sull'orlo della paura. Da allora, tra Putin e Saakashvili poco è cambiato. I due leader continuano a maledirsi, ad accusarsi. L'Abkazia, la regione che vuole diventare russa, è ormai un pretesto per litigare. Allora, solo l'intervento di Sarkozy e Berlusconi riuscì a fermare l'avanzata russa. Pochi giorni ancora, e Tbilisi sarebbe caduta. In Georgia rimaneva un Saakashvili frastornato e orgoglioso. Aveva osato sfidare Putin, ma in fondo portava a casa la pelle. Quando è arrivato in Italia in primavera, per presentare il suo libro, Io vi parlo di libertà (Spirali, 2009) ha ripetuto «Non abbiamo sparato per primi». Oggi, un anno dopo quella terribile estate, fa un bilancio e dice: «Rifarei tutto come allora».

Presidente Saakashvili, qualche rimpianto?
«Mettersi contro una potenza come la Russia forse non è stata una mossa intelligente. Ma era l'unica reazione possibile all'invasione. Il 7 agosto 2008, dopo anni di bombardamenti sui nostri villaggi, l'armata russa attraversò il tunnel di Roki entrando in Georgia. Questa non la definisce un'invasione?».
Resta fedele alla linea dura?
«E cosa avrei dovuto fare? Arrendermi, autorizzare la pulizia etnica? Parliamoci chiaro, contrattaccare è stato difficile, ma non volevamo fare la fine dell'Ungheria del '56».
Ma i russi dicono che voi avete attaccato per primi...
«So quello che dicono a Mosca. Ma è totalmente falso. La loro è la classica propaganda dei grandi che mangiano i piccoli: lo fece anche Hitler accusando la Polonia».
Dopo le vacanze Putin è andato in Abkazia. Una provocazione?
«Ovviamente. Ha attraversato illegalmente la Georgia e ha lanciato un messaggio militare pesantissimo promettendo di trasformare una regione georgiana in una "fortezza". Più che una provocazione un affronto ad uno Stato sovrano».
La spaventa?
«In futuro questo potrebbe diventare molto pericoloso. Queste provocazioni sono un segno della loro debolezza. La Russia non è più l'Unione Sovietica. Per questo Unione Europea e Usa sono fondamentali nei rapporti diplomatici».
Sta dunque dicendo che Putin è diventato debole?
«Ha paura e si difende. I territori post sovietici sono sempre più diffidenti nei confronti della Russia. Vent'anni fa è caduto il Muro di Berlino, Putin sta cercando di ricostruire un muro nel mio Paese».
È più semplice parlare con Medvedev o Putin? Chi ha il potere oggi in Russia?
«Putin e Medvedev hanno lanciato una strana lotta tra loro giocando a chi sarà più provocatorio, non solo verso la Georgia ma anche nei confronti dell'Ucraina e le altre regioni della regione. Medvedev è andato in Sud Ossezia e quindi per rilanciare, per essere più radicale, Putin è arrivato qui in Abkazia».
Cosa le fa paura della Russia?
«Amo la cultura russa, la sua lingua, la gente. Ma non la tradizione imperialista e dispotica che va dagli zar fino all'attuale leadership, passando dal comunismo. Ma una cosa è certa: i Paesi attorno non accetteranno mai l'idea di essere nuovamente occupati e oppressi. Mai».
Con Putin è come giocare una partita a poker. Quanto è disposto ad alzare la posta?
«Ascolti, questa non è una partita a poker e io non sto giocando. Questa è una lotta per l'indipendenza». (Manila Alfano).

 
Relazioni
eco di stampa di Io vi parlo di libertà (Libro)
Mikheil Saakašvili (Saakasvili) ( )





 
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