L'incontro di Salomone con una regina nera, di cui la Bibbia narra dell'acume e degli stratagemmi linguistici cui sottopose il sovrano, ha assunto contorni leggendari
Nel decimo capitolo del Primo Libro dei Re si narra della visita che la regina di Saba (nell'affresco a lato, l'incontro con Salomone raffigurato da Piero della Francesca) fece a Salomone, re di Giuda e di Israele. Attratta dalla sua leggendaria saggezza, volle metterlo alla prova con ogni genere di enigmi e rimase abbagliata dalla sua potenza e dai doni di cui tornò ricolma alla sua terra. La vicenda non ha nulla di inverosimile, in quanto è più che plausibile che Israele commerciasse con il favoloso regno dell'Alto Nilo, ricco di oro, di spezie e aromi e posto in posizione strategica sul mar Rosso. Ma la vicenda dell'incontro di Salomone con una regina nera, di cui nella Bibbia si tacciono accenni alla bellezza, ma si narra dell'acume e degli stratagemmi linguistici cui sottopose il sovrano, ha assunto contorni leggendari tanto da ispirare anche narrazioni tradizionali etiopiche e musulmane. Il tema ha poi spesso affascinato pittori, poeti e scrittori, che nell'incontro tra i due hanno voluto leggere trame più intricate e sottili. Di Makeda, la giovane e bellissima regina nera che avrebbe governato su Saba al tempo di Salomone, si occupa in un romanzo, intitolato appunto «La regina di Saba», lo scrittore Marek Halter, personaggio dal profilo biografico accidentato: nato in Polonia nel 1936 da una poetessa yiddish e da un tipografo discendente da una stirpe di tipografi ebrei, a cinque anni evade coi suoi dal ghetto di Varsavia e si rifugia nella Russia sovietica; kolchoziano a otto anni, a quattordici riesce a raggiungere fortunosamente la Francia dove comincia a dipingere, avvicinandosi solo più tardi alla letteratura. Il romanzo narra dapprima le origini di Makeda, ce la presenta bambina e già bellissima accanto al padre guerriero Akebo, che a dispetto di tutti, la designa a succedergli sul trono. Affermato con saggezza e vigore il suo potere sul paese situato a cavallo tra il corno d'Africa e la penisola arabica, Halter la conduce per mano al cospetto del re d'Israele. Il culmine della storia, il luogo verso cui convergono tutte le linee narrative costruite con sapiente mestiere, sta proprio qui: Makeda e Salomone non si riconoscono solo come due sovrani incuriositi l'uno dell'altra, portatori di interessi economici per i loro stati, ma intrecciano tra di loro una relazione appassionata, consumando un'autentica storia d'amore lunga tre notti (che secondo lo scrittore polacco sarebbe poi stata celebrata in poesia addirittura dal Cantico dei Cantici). E che avrebbe dato alla regina di Saba un figlio, Menelik (letteralmente «figlio di re»), il primo di una lunga dinastia di sovrani africani. Piacevole e ben congegnato. (Luca De Clara)
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