Dalla "dissidenza freudiana" al "Manifesto del secondo rinascimento" per arrivare a tanti e tanti altri punti di interesse e di analisi. E' il percorso scelto da Armando Verdiglione, che conosciamo come psicanalista e ricercatore, ma anche come scrittore ed editore. Fondatore del Movimento Freudiano internazionale e dell'associazione psicanalitica italiana ha promosso - e promuove - congressi ed incontri internazionali a New York, Gerusalemme, Tokio, San Pietroburgo e Ginevra. Ora risponde ad alcune domande che gli poniamo proprio per "capire" la sua filosofia, la sua linea di condotta. Lei è un osservatore attento di questa nostra civiltà-società. Come vorrebbe definirsi, oggi, nel momento in cui si affermano nuovi valori e nuovi crolli di "ideologie"? Oggi, è vero, si affermano nuovi valori, ma bisogna pur sempre verificarli. Sono, è vero, rari e si affermano nell'internazionalismo, negli scambi nel campo dell'arte e della cultura. Non sono, comunque, così diffusi; c'è soprattutto la distruzione di valori di civiltà, c'è la cancellazione della memoria e della storia ed anche, molto spesso, della cultura. Ci sono però opportunità e ritmi di comunicazione, che certamente non ci sono stati prima. Allora io, come intellettuale, e non come appartenente a una categoria sociale e professionale, mi propongo come "dispositivo intellettuale" anziché "dispositivo conformista". Questo vuol dire che c'è un dispositivo che comporta sempre un qualcosa da instaurare - che non è già dato, non è già acquisito - e quindi si tratta di una strada che non è larga, non è facile, ma è strettissima ed è difficilissima. Perché per giungere alla semplicità occorre fare le cose senza deroga, senza rimando. Può parlarci della fondazione del collettivo del seminario di psicanalisi avvenuto nel 1973? E, poi, può raccontarci come "partì" la rivista "Spirali"? E la casa editrice? Il 5 febbraio del '73 ho fondato questo gruppo culturale per verificare in Italia e all'estero le novità nei vari settori. Era una scommessa nettamente intellettuale e culturale. Che comportava congressi in varie parti del mondo. Con l'obiettivo di convocare coloro che si trovavano ad operare nel campo dell'invenzione, della ricerca della verità per un dibattito dove verificare - appunto nello scambio - le novità. Quelle dei vari settori. Quindi non congressi corporativi, non congressi di una congregazione appunto, ma nemmeno interdisciplinari: solo nettamente culturali e scientifici. E' così che è sorta questa ricerca culturale un po' per interrogare i tratti salienti della civiltà, per analizzarli, per verificarli e quindi anche per capire l'indirizzo della direzione della cose. Quindi anche per capire l'avvenire. E questo è stato l'istante principale del '73. Allora vennero scritti e tradotti molti libri e si approntarono opere collettive che uscirono da Feltrinelli, Sogarco e Marsilio fino al '78. Poi è sorta anche la rivista "Spirali". Come rivista mensile, come un dossier su un aspetto ritenuto essenziale. Per esempio il primo numero si chiamava "Lo Stato", il secondo "L'Arte" il terzo "La psicanalisi". Ma, dossier a parte, la rivista aveva rubriche che andavano dall'industri al diritto, alla poesia, alla letteratura, al teatro, al cinema, a vari settori. La casa editrice, quindi, cominciò così... Torniamo all'io, al suo mondo... Come reagisce quando si parla di intellettuale impegnato? Diciamo che negli anni '60-'70 c'erano due tipi di intellettuali. L'intellettuale organico, quindi sul modello di Gramsci, e l'intellettuale impegnato che era sul modello di Sartre. E questo intellettuale impegnato era un po' apocalittico, sempre oppositore, sempre critico... Ma il sospetto che io avevo era che questa opposizione consacrasse - diciamo - i sistemi... E con il nome di questo impegno venivano respinti autori come Borges o Ionesco, che sicuramente non erano impegnati in un senso definito, ma erano impegnati ciascuno in un campo specifico... Lei parla di questi concetti relativi all'impegno. Ma oggi quando si parla di impegno si affronta anche il tema della rifondazione... Rifondazione è un termine molto importante: evidentemente sta agli antipodi della distruzione della civiltà o della cancellazione della memoria. Che cosa dice in fin dei conti? Che soltanto il tradizionalista è contro la tradizione, che soltanto colui che si costruisce dei falsi ricordi cancella la memoria, solo che i falsi ricordi pesano... Ecco: la memoria può portare alla strettura, all'arte, all'invenzione, e quindi non va assolutamente cancellata. Rifondazione nella mia lettura può intendersi quindi come seconda fondazione. Alla luce della quale può intendersi anche una prima fondazione e non semplicemente come un aggiornamento o come un revivalismo o come qualcosa di nostalgico, originaria. Quindi rifondazione intesa come fondazione originaria, come dire ri-fondazione, di nuovo. Come secondo Rinascimento cioè Rinascimento originario; cioè che alla luce del secondo Rinascimento noi possiamo intendere anche il primo, ma il primo trae valore e la sua portata dal secondo. Ma secondo come originario, cioè rinascimento della parola e struttura della parola. In questo senso c'è Rinascimento dell'arte e delle invenzioni. E poi tutto va nella direzione della trasformazione culturale. E da questa dipende la trasformazione politica e la trasformazione economica; ma se viene trascurata appunto la memoria - la cultura - allora c'è la trasformazione culturale che viene messa in primo piano ed è molto difficile giungere alla cultura... Ricerca continua, quindi, e tanti approfondimenti... In un certo senso è questo il punto centrale di tutta la nostra attività, dalle conferenze alle attività editoriali. E soprattutto con la nostra nuova rivista che non a caso porta il titolo significativo di "Secondo rinascimento".
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