Nawal El Sa'dawi, scrittrice egiziana nota in tutto il mondo per la difesa dei diritti delle donne arabe, dissidente dei regimi politico-religiosi, fondatrice nel 1982 della Arab Women's Solidarity Association, associazione panaraba per la difesa dei diritti delle donne, pubblica ora in Italia due sue opere appartenenti a generi differenti di espressione, entrambe importanti per capire tanto l'itinerario intellettuale, quanto le società postcoloniali. L'incontro con Armando Verdiglione alla Villa San Carlo Borromeo di Milano Senago, avvenuto il 17-18 maggio 2008 per il Laboratorio editoriale dell'Università internazionale del secondo rinascimento, è all'origine del libro pubblicato da Spirali, occasione per interrogare Nawal su passato e presente delle sue battaglie intellettuali e sulle attuali condizioni dello scrittore nei Paesi arabi, in particolare in Egitto, Paese del quale offre uno spaccato, dalla campagna alla città e dagli anni Cinquanta a oggi. Dissidenza e scrittura invita a riflettere sui grandi problemi dell'uomo e della cultura così come sono sentiti e saputi raccontare da una scrittrice che infrange le barriere, non solo politiche, ma soprattutto culturali, e propone di riprendere il dialogo tra cultura scientifica e religiosa, creatività artistica e letteraria, di cui lei stessa è un esempio di vita, in quanto medico, psichiatra, scrittrice, interlocutrice politica del presidente Sadat ieri, come oggi di Mubarak, al quale si è contrapposta nelle recenti elezioni egiziane. L'obiettivo della scrittrice è soprattutto quello di stabilire quanto la religione favorisca un'ideologia politica che separa i popoli creando odi, contrapposizioni, razzismi e giustificando le diversità, e dunque le ingiustizie. «Qualcuno ritiene che la religione riguardi la moralità: no, se si studiano i testi sacri non c'è moralità: una moralità per gli uomini ed una moralità per le donne; la poligamia per gli uomini, la monogamia per le donne; persino nel cristianesimo, nell'ebraismo, c'è la poligamia per gli uomini. Ogni qualvolta si ha un doppio principio non c'è moralità, perché moralità significa eguaglianza...» (p. 76). La sua poetica si fonda su princìpi molto chiari: «Non c'è separazione tra ciò che chiamiamo narrativa e ciò che chiamiamo saggistica, perché non c'è separazione tra corpo, mente e spirito, sono un tutto, perciò non possiamo separarli. Da psichiatra non separo i disturbi psicologici dai disturbi fisici. Per questo li chiamiamo disturbi psicosomatici: psicosomatico significa disturbo fisico e psicologico; non si possono separare» (p. 46). E ancora, più avanti, «Cerco di infrangere le barriere tra i vari tipi di espressione: la prosa, la poesia, l'autobiografia, il romanzo, il saggio. Cerco di esprimermi liberamente, senza rispettare la divisione tra stili letterari. Infrango le barriere tra i modi di espressione, infrango anche le barriere tra politica, economia, salute, sessualità e, scrivendo, collego ciascuna cosa» (p. 126). L'incontro con Armando Verdiglione ha indubbiamente consentito di portare alla luce non solo il percorso biografico della scrittrice, ma anche il suo itinerario intellettuale, le contrapposizioni ai luoghi del potere, l'enunciazione dei princìpi ai quali è ispirata tutta la sua azione politica e di militante della letteratura; il suo ultimo romanzo permette inoltre di capire le qualità ed i contenuti di una scrittura che intende richiamare gli elementi profondi e mai del tutto vinti della repressione nei confronti delle donne. [...]
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