The Second Renaissance
     
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La rivoluzione sfuggita di mano ai leader sovietici


  
 
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Si celebrano i 20 anni della caduta del Muro di Berlino, simbolo della fine del totalitarismo sovietico nell'Est europeo. Angela Merkel, assieme ai protagonisti dell'epoca (Lech Walesa, Miklos Nemeth, Mikhail Gorbachev) ha passato l'ex confine. Ed è stato attivato un domino emblematico che rappresenta la caduta delle barriere. Il grande cambiamento del 1989 fu l'ultima grande rivoluzione liberale, anche se le sue cause rimangono un mistero per gli storici. Mentre l'ideologia comunista è ancora dura a morire.
Il Muro di Berlino cadde il 9 novembre 1989 pacificamente, la Ddr (Germania Est) si estinse, letteralmente, dopo le prime libere elezioni nemmeno un anno dopo e la Germania si riunificò sotto il governo dell'Ovest senza alcun conflitto dopo 40 anni esatti di tensione internazionale. Fino al 1988 si pensava alla Germania come al più grande campo di battaglia della Guerra Fredda, il territorio in cui il grosso delle forze sovietiche e Nato si preparava allo scontro finale, con o senza armi nucleari. Nemmeno due anni dopo non c'era più la Cortina di Ferro e il Patto di Varsavia, l'alleanza dei regimi comunisti messa in piedi da Nikita Chrushev, era crollato come un castello di carte. Come mai l'impero sovietico, il più vasto (e repressivo) della storia recente è caduto senza colpo ferire, proprio a partire dal suo avamposto più militarizzato? Simbolicamente il ventennale della caduta del Muro di Berlino è stato celebrato con un grande domino. A spingere la prima pedina sono stati Lech Walesa (leader del movimento dissidente Solidarnosc in Polonia) e da Miklos Nemeth (che era primo ministro dell'Ungheria comunista nel 1989). La tesi dell'effetto domino è la più diffusa: in Polonia, dopo un otto anni di confronto fra l'opposizione e il regime militare di Jaruzelski, una "tavola rotonda" spianò la strada alle prime elezioni parzialmente multipartitiche che, il 4 giugno 1989, diedero la vittoria a Solidarnosc. Quello fu il primo tassello che cadde. Nemeth decise di aprire la frontiera occidentale del suo Paese e da quel varco uscirono centinaia di migliaia di tedeschi orientali. E fu il secondo tassello a cadere. Una volta aperta la via dell'emigrazione libera, l'abbattimento del Muro di Berlino fu solo una questione di mesi. E in effetti, dopo tre mesi, la barriera che separava Est e Ovest era ridotta in frantumi. Questa che abbiamo descritto finora è la dinamica locale.
Altri attori erano intervenuti precedentemente per renderla possibile. In occasione del 40mo anniversario della fondazione della Ddr (che cadeva proprio nel 1989), il presidente sovietico Mikhail Gorbachev annunciava privatamente al leader comunista tedesco, Erich Honecker, che l'Armata Rossa non sarebbe intervenuta ancora in difesa del regime: senza riforme, il governo tedesco orientale, ancora aggrappato ai dogmi stalinisti, sarebbe stato abbandonato a se stesso. Per questo, molti attribuiscono a Gorbachev (presente ieri a Berlino per le celebrazioni) il merito principale della fine della Guerra Fredda. Walesa, al contrario, pensa a Papa Wojtyla (Giovanni Paolo II) quale grande attore esterno artefice della caduta del Muro: senza il suo incoraggiamento spirituale alla resistenza cattolica in Polonia, non si sarebbe mai arrivati alle elezioni del 4 giugno, né alla vittoria di Solidarnosc, né all'effetto domino che culminò con la caduta del Muro e con la Rivoluzione di Velluto in tutto l'Est europeo. Gli storici americani di area conservatrice, dal canto loro, sono gli unici a risalire al 1981 come prima tappa per la caduta del blocco orientale: una volta insediatosi alla Casa Bianca, Ronald Reagan fu il primo presidente americano che, non solo si impegnò a contenere l'espansione sovietica nel resto del mondo più di tutti i suoi predecessori, ma anche a sostenere attivamente la resistenza anti-sovietica oltre la cortina di ferro. Il suo discorso a Berlino del 1987. "Mr Gorbachev tear down this Wall!" (signor Gorbachev, abbatti questo muro!) ha anticipato di due anni la caduta del Muro e caratterizza l'ultimo atto della Guerra Fredda. tuttavia, né il ruolo di Walesa, né quello di Nemeth, né la forza spirituale di Giovanni Paolo II, né il ruolo di "contenimento attivo" di Reagan, spiegano la rapidità e l'assenza di violenza del collasso dei regimi dell'Est europeo comunista. I documenti degli archivi segreti di Mosca pubblicati dall'ex dissidente sovietico Vladimir Bukovskij, mostrano che l'Urss, anche durante tutto il 1990, fosse molto attiva nel sostenere i movimenti comunisti dal Cile al Libano, passando per l'Europa occidentale. Non si nota alcun freno nelle attività per l'espansione dell'impero sovietico fino alla fine del 1990, quando la stessa Urss incominciò a sfaldarsi internamente. Come mai un impero ancora militarmente in piedi, mai battuto sul campo (anche la guerra in Afghanistan ebbe un impatto minimo sulle forze armate) e politicamente attivo ed espansionista, decise di liberarsi delle sue "province" più ricche e preziose? E lo fece senza sparare alcun colpo?
La domanda rimarrà senza spiegazione ancora per gli storici del futuro, almeno fino all'apertura di tutti gli archivi di Mosca. Ma l'ipotesi di Bukovskij resta la più convincente, anche se è e rimane un'ipotesi: Gorbachev volle la caduta dei regimi staliniani dell'Est europeo e volle la riunificazione della Germania, non per liquidare l'Urss, ma perché credeva di poter sostituire quelle classi dirigenti ormai obsolete con altre élite comuniste a lui più fedeli. Quel che accadde dopo la caduta del Muro di Berlino, con la vittoria di partiti anti-comunisti in tutto l'Est, fu una sgradevole sorpresa per il Cremlino. Che, a quel punto, non aveva più la possibilità di reagire. Ciò che Gorbachev voleva, insomma, era una "casa comune europea" retta da partiti comunisti "dal volto umano" all'Est e da partiti socialisti amici all'Ovest: l'unico modo per rilanciare un impero sovietico in piena crisi economica e di legittimità. Bukovskij, nella sua raccolta di documenti, ci mostra tutto il panico e tutta la confusione delle élite comuniste dopo la caduta del Muro, quando i dirigenti tedeschi orientali, battuti alle urne, chiedevano istruzioni a Mosca su come liberarsi degli archivi segreti... che evidentemente erano stati conservati fino a quel momento. Evidentemente nessuno si aspettava il crollo del regime, neppure dopo la caduta del suo simbolo più odioso. (Stefano Magni).

 
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eco di stampa di Vladimir Bukovskij (�)





 
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