La diplomazia delle idee a Milano
Ogni sei mesi, alle porte di Milano (a Senago), una storica villa intitolata a san Carlo Borromeo, campione della Controriforma cattolica, si apre a seminari di intellettuali contromano. Da ieri, sono in corso i lavori del Festival della Modernità sul tema «La Diplomazia e la Pace», e anche questa volta i testi degli interventi saranno pubblicati da Spirali. A chiarire che l'impegno dei partecipanti è sempre combattivo, la padrona di casa, l'editrice Cristina Frua De Angeli, precisa: «Qui non s'intende la diplomazia nella sua normale accezione di compromesso. Non ci interessa l'ipocrisia morale, ma il dibattito delle idee, al di fuori di ogni ideologia. Ci proponiamo di favorire quei contatti personali tra scrittori, filosofi, artisti, economisti, che poi s'intrecciano in una rete aperta alle informazioni, a iniziative concrete». «Oltre trent'anni fa - prosegue - mi interessavo alla dissidenza sovietica. Oggi, viene da noi a testimoniare la "guerriera gentile" Rebiya Kadeer, leader della maggioranza turcofona dello Xinjiang, ex-imprenditrice di successo, prima utilizzata dal regime cinese come esempio di pacifica convivenza, poi incarcerata ed espulsa con l'accusa di essere la mente delle proteste del suo popolo. Famosa come il "Dalai Lama donna". E l'iraniano Mehdi Khalaji, nel suo intervento, dirà che Obama, così pieno di buone intenzioni nei confronti di Mahammur Ahmadinejad, non può permettersi aperture e sarà costretto a fare dietrofront». Atri iscritti a parlare, in questa tre giorni dell'Università internazionale del Secondo Rinascimento, in incontri poco formali, intorno a tavoli carichi di testi disparati, anche ricette culinarie: dall'Italia, il filosofo Carlo Sini e l'antropologo di Bitti (Nuoro) Bachisio Bandinu, autore del saggio «Costa Smeralda. Come nasce una favola turistica», oltre al gesuita vicentino Roberto Busa, responsabile del censimento elettronico degli 11 milioni di parole nel lessico latino di San Tommaso e trascrittore dei lemmi del Corano; il poeta russo Aleksandr Kusner, ammirato da Josif Brodski; Boris Nemtsov, attualmente il maggior oppositore di Vladimir Putin, insieme a Garry Kasparov; il principe Nikita Lobanov Rostovskij, discendente dei Romanov, collezionista, membro del Moma di New York ed esperto di finanza nell'ambito delle questioni energetiche. Tra i cervelli, quelli in fuga sono propriamente la Kadeer e Khalaji, ora docente al Washington Institute for Near East Policy. Il suo connazionale Ebrahim Nabavi, giornalista satirico finito in galera a Teheran nel '98 e nel 2000, poi scappato in Belgio, l'anno scorso era venuto a Villa San Carlo a spiegare che «la fuga dei cervelli è l'uso del cervello». Khalaji, quest'anno, si prende la libertà di aggiungere: «Ahmadinejad racconta balle, vuol far credere che l'Iran, i cervelli, li esporta». Nessuna speranza per chi resta là? «Personalmente sono pessimista, nei confronti del governo iraniano. Divento ottimista solo quando guardo ai giovani e soprattutto alle donne iraniane. Non possono essere nostalgiche del passato, non hanno privilegi da difendere. Perciò sono proiettate verso il futuro, con una visione molto chiara, e molto coraggio». Ma lei si sente troppo vecchio per tornare a contestare? «Mio padre, che è ayatollah, mi fece entrare in seminario a 11 anni. Capii presto che l'Islam è totalizzante e incorreggibile. Dalla scuola religiosa, sono uscito ateo. Non parlo più di Dio con papà, ma so che lui condivide la mia dissidenza politica, come tanti altri iraniani». E noi occidentali che possiamo fare? «Non comprare più il petrolio da chi non avrà più i soldi per difendere il proprio potere e soffocare nel sangue la democrazia».
(Anna Mangiarotti)
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