IL MITO DI SABA OGGI
Tolleranza e antirazzismo? Già risolti 3000 anni fa da Makeda, la regina che conquistò Salomone e che appare nel Cantico dei Cantici. Oggi un saggio di Marek Halter ne fa un vero simbolo battagliero di convivenza.
Voce forte della coscienza collettiva in tema di pace e di incontro tra culture, Marek Halter è forse meno conosciuto da noi rispetto alla sua notorietà internazionale. Adesso è in arrivo in Italia: scrittore e pittore, operatore culturale e interlocutore di politici e governi, parlerà domani al Museo della Comunità ebraica di Trieste e giovedì a Pordenone, presentando il suo nuovo romanzo "La regina di Saba" (Spirali, 347 pagine, 20 euro). Dalle drammatiche esperienze della sua vita, Halter ha sviluppato la determinazione a sollecitare sempre, in ogni sede e con ogni mezzo, l'impegno per una convivenza umana pacifica e fruttuosa: nato nel 1936 in Polonia da famiglia ebraica, fugge a cinque anni dal ghetto di Varsavia con i genitori per raggiungere la Russia sovietica. Da qui una nuova fuga, nel 1950, lo conduce in Francia, divenuta sua patria d'adozione. All'attività di artista nella pittura, nella narrativa e nella saggistica, affianca l'impegno in difesa dei diritti civili: nel 1968 pubblica la rivista Elements, prima testata a ospitare sia collaboratori israeliani che palestinesi; nel 1984 fonda con il filosofo Bernard-Henry Lévy il movimento SOS Racisme. Parlare con lui comunica la sicurezza che il futuro darà ragione a chi non si stanca di operare per la pace: è convinto che israeliani e palestinesi troveranno un accordo: «Pensiamo a che cosa è successo in Irlanda. Fino a pochi anni fa Belfast era continuamente insanguinata da attentati, ma alla fine sono riusciti a trovare un compromesso e la situazione si è stabilizzata. La Storia ci ha insegnato che tutte le guerre terminano con una pace, e ogni cosa riprende il suo corso naturale: durante la guerra, sono i genitori a dover seppellire i propri figli, e quando si arriva alla pace, tornano ad essere i figli a seppellire i genitori, com'è giusto che sia». In "La regina di Saba", come i altri suoi romanzi, compresi "Il folle e i re" e "Abraham", lei trova nella Bibbia la principale fonte d'ispirazione. «Nella Bibbia, ma anche nella Storia e nella grande letteratura perché, come dice Giobbe, "noi siamo di ieri e non lo sappiamo". Ovvero, il passato ha un grande peso nell'esistenza umana. Infatti tutto cambia attorno all'uomo, la tecnologia rivoluziona gli stili di vita ma dentro di noi le pulsioni, i sentimenti sono sempre gli stessi, tant'è vero che possiamo identificarci facilmente con i grandi personaggi della letteratura antica. I giovani d'oggi comprendono e condividono le emozioni di Giulietta e Romeo. La Storia risponde alle nostre domande: certo, per trarne delle lezioni bisogna saper portare il peso della memoria e confrontarsi anche con le esperienze più dure, che ci portano a guardare il male dritto in faccia». Perché ha scelto la regina di Saba come protagonista? «Ho notato che le più recenti traduzioni del Cantico dei Cantici mettono in evidenza la struttura dialogica di questo stupendo libro biblico, assegnando esplicitamente una parte dei versi alla figura femminile di una coppia appassionata: la regina di Saba, appunto, legata da un grande amore al re Salomone. Per approfondire il personaggio ho fatto un lungo viaggio in Etiopia, confrontando la tradizione biblica con il mito della regina Makeda, il cui palazzo ad Axum è stato oggetto di recenti scavi. Makeda va a Gerusalemme in visita di stato e lì sboccia l'amore per Salomone, con il quale concepisce un figlio, Menelik, che significa "figlio di re". Diventato adulto, Menelik vuole sapere dalla madre chi sia stato suo padre e decide di andare a Gerusalemme per incontrarlo». E questo viaggio ha successo? «Sì e no. Trova Salomone molto vecchio e sfiduciato per le rivalità che oppongono i suoi figli legittimi minando l'unità dello Stato, tanto che il re decide di istituire il figlio venuto da lontano a custode della più preziosa eredità, l'Arca dell'Alleanza con le tavole della Legge date da Dio a Mosè. Nel mio viaggio mi hanno mostrato molti posti che rivendicano di conservare questo grande simbolo così affascinante. L'ascendenza ebraica della stirpe etiope è ancora tanto sentita che la stella di Davide compare ovunque, ne ho trovare perfino incastonate nella scrivania del presidente dell'Etiopia». L'amore fra la nera regina di Saba e Salomone può simboleggiare il superamento di ogni razzismo, uno dei suoi obiettivi? «"Nigra sum sed formosa" dichiara lei nel Cantico dei Cantici, ma è un'interpolazione a sfondo razzista di san Gerolamo, autore della Vulgata. Infatti il testo originale dice "sono nera e bella", non c'è quell'imbarazzante "ma". Il razzismo purtroppo ha origini millenarie, è presente in ogni civiltà ed è impossibile cancellarlo. Si supera quando tutto va bene, ma se sorgono difficoltà, la colpa è sempre dell'altro». (Daniela Pizzagalli)
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