Scrittore e militante antirazzista, è stato tra i fondatori di Sos Racisme, Marek Halter è nato in una famiglia ebraica sopravvissuta alla distruzione del ghetto di Varsavia da parte dei nazisti e vive da mezzo secolo a Parigi. Tra i suoi numerosi volumi, ricordiamo La regina di Saba, La mia ira e Il folle i i re, tutti pubblicati nel nostro paese da Spirali.
Il suo ultimo libro, Le kabbaliste de Prague, appena pubblicato a Parigi, descrive il mito del Golem, la creatura che si rivolta contro l'uomo che l'ha creata. La crisi greca, dopo quella della finanza internazionale, non le suggerisce un paragone con quelle pagine della tradizione ebraica: un'economia fondata sull'impoverimento di tante persone oggi mette in crisi l'intero sistema che l'ha originata. Cosa ne pensa? Il Golem non è un essere umano, non ragiona da sé e può rivoltarsi contro chi l'ha creato: perciò è sempre l'uomo che lo ha "inventato" ad essere responsabile delle sue azioni. Per questo il grande cabalista Ma Ha Rai esitò tanto nel creare la potente creatura che gli ebrei di Praga gli chiedevano per difendersi dall'ennesimo pogrom. È così nel mito ebraico un po' come nella realtà di oggi. L'uomo ha creato dei Golem che poi hanno finito per rivoltarglisi contro: solo per fare un esempio è accaduto in passato con l'atomica, oggi avviene con la finanza. Abbiamo creato un sistema finanziario, una globalizzazione economica che ha promesso benessere a tutti e poi ha iniziato a far pagare i costi di tutto ciò ai più deboli: in molti hanno prima applaudito la nascita di questo Golem per poi temerlo ogni giorno di più e desiderare la sua scomparsa. Le promesse di felicità si sono tramutate in un incubo e in una montagna di debiti da pagare. Quanto sta accadendo in questi giorni in Grecia illustra molto bene questa situazione: oggi tutti si rendono conto di quanto sia iniquo il sistema che è stato creato e cercano di ribellarsi. I profeti della Bibbia esigevano che forza e giustizia andassero insieme: ma oggi non mi sembrano tempi da profeti... Lei è stato uno dei fondatori di Sos Racisme ed è da sempre attento a ogni sorta di razzismo e discriminazione. Non le sembra che la crisi economica stia producendo nuovamente in Europa la ricerca di un capro espiatorio a cui far pagare il malessere che si va diffondendo? Senza dubbio. Ogni volta che si produce una grave crisi sociale, che ci si sente minacciati nelle proprie sicurezze, che si è spinti violentemente fuori dalla propria normalità, si va alla ricerca di qualcuno a cui farla pagare: quel che si chiama un capro espiatorio. E da sempre il più facile capro espiatorio è rappresentato dall'"altro", dal "diverso". È stato così per gli ebrei fin dall'antichità, poi per i neri, ora per i musulmani in Occidente. Capri espiatori per i greci sono stati i turchi e per i turchi sono stati i greci e via così... Oggi questa situazione si sta riproducendo, con gli immigrati e quelli che vengono considerati "stranieri" nelle diverse società attraversate dalla crisi economica. Questo, malgrado da dopo la fine della Seconda guerra mondiale si sia cercato di fare un lavoro di chiarimento e di spiegazione sui meccanismi che conducono all'individuazione di qualcuno a cui far pagare il proprio malessere: ciò che aveva portato alla Shoah. Questa riflessione ha prodotto una maggiore consapevolezza sui rischi che si corrono nei momenti di crisi, ma non ha cambiato la natura umana, come stiamo vedendo oggi in molte parti d'Europa dove razzismo e xenofobia sono tornati a crescere. Certo, dopo i grandi massacri provocati dal razzismo nel corso del Novecento, oggi mi sembra difficile che qualcuno possa davvero pensare di "voler cacciare i rom dal suo quartiere", eppure accade ogni giorno... A proposito, da ebreo polacco cresciuto in Francia, come sta vivendo il dibattito dagli accenti xenofobi su immigrazione e identità nazionale lanciato dalla destra francese: quasi un chiedersi chi siano "i veri francesi"? Non teme che riporti indietro la società? In effetti il rischio c'è. Anche se non credo si possano davvero rimettere in discussione i diritti acquisiti, il percorso di cittadinanza compiuto dagli immigrati che hanno costruito la Francia così come è oggi. In realtà la destra sta cercando di imporre un dibattito senza senso, che tenta di creare nuove differenze e discriminazioni, ma che ha suscitato solo malumori proprio perché immagina una società che non c'è più: non si possono riportare indietro le lancette della Storia. Se fossimo in una realtà totalitaria si potrebbe forse decidere di spostare di qua o di là questa o quella parte della popolazione, ma non in un paese democratico cresciuto nella memoria delle tragedie del secolo scorso. Perciò le autorità francesi che hanno lanciato questo dibattito per cercare di recuperare consensi in una parte della popolazione più toccata dalla crisi economica e dal senso di insicurezza, hanno poi dovuto continuare a giustificarsi e a fare marcia indietro di fronte alla pubblica condanna dei loro propositi. Nessuno può immaginare oggi che la società sia una sorta di monolite, fondata sulla medesima identità e cultura: non si può più rimettere in discussione l'idea di vivere insieme con le proprie diversità. Per tornare alla domanda: se c'è il rischio, credo ci siano anche validi anticorpi. In questa prospettiva, dopo aver raccontato nei suoi libri molte storie di donne - l'ultima è quella de La regina di Saba -, come valuta il dibattito che si è aperto sulla vicenda del burqa. In gioco c'è l'idea di una società omogenea in termini di cultura e fede, la difesa dei diritti delle donne o altro ancora? Personalmente sono contrario a ogni ipotesi di legge sul burqa. Non solo, credo che legiferare su un tema così delicato non possa portare a nulla di concreto. Nella Costituzione repubblicana francese ci sono regole abbastanza nette per difendere la dignità e i diritti delle donne. Detto questo, si deve chiarire come indossare il burqa non risponda ad alcun precetto della religione musulmana: nel Corano non si trova una sola parola relativa a tutto questo. Quindi si tratta di una questione "culturale", o relativa ai costumi, che è però spesso sfruttata dai gruppi fondamentalisti in Europa per cercare di ottenere una sorta di potere sulla comunità islamica. E di fronte a questo ci sono i gruppi dell'estrema destra che utilizzano lo stesso burqa per stigmatizzare tutti i musulmani e il loro diritto a vivere qui. Vicende simili hanno attraversato anche il mondo ebraico e quello cristiano, ma sono state risolte sia facendo ricorso agli strumenti culturali che stanno alla base della democrazia francese, dialogo e confronto e non solo leggi, sia dando voce alle donne, che sono poi le vere protagoniste di questa storia. (Guido Caldiron)
|