Da più di trent'anni, la casa editrice Spirali dà voce ai dissidenti, agli oppositori dei regimi autocratici, agli intellettuali che, con instancabile coraggio e spesso a rischio della loro stessa vita, combattono in nome della libertà e della democrazia. Nello scorso mese di maggio, Spirali ha deciso di pubblicare Io vi parlo di libertà, un libro-intervista al presidente della Georgia, Mikheil Saakashvili. Forse per la prima volta, la casa editrice si è così fatta veicolo della voce di una figura istituzionale, un capo di Stato in carica. Non vi è in questa scelta alcun cambiamento di rotta. Agli occhi di molti, M. Saakashvili - alla guida dell'establishment politico del suo Paese da quando, il 4 gennaio 2004, ha vinto le elezioni presidenziali - rimane l'espressione di una certa forma di dissidenza. Io vi parlo di libertà, offre una lunga conversazione tra M. Saakashvili e il giovane documentarista francese Raphaël Glucksmann, figlio del noto scrittore André. Grazie alle domande di Glucksmann, il presidente georgiano, con una sincerità piuttosto insolita per un uomo politico, racconta il percorso intrapreso, negli ultimi anni, dal suo Paese; la guerra che, nell'agosto 2008, ha contrapposto il suo governo alla Russia; i suoi progetti e i suoi sogni. E si racconta. Il libro ha infatti il sapore di una confessione, strappata ai diktat del politically correct e del linguaggio ingessato delle istituzioni. Per presentare questa iniziativa editoriale, M. Saakashvili e Raphaël Glucksmann sono venuti in Italia. Due tappe, Roma e Milano. In entrambe le città il libro è stato presentato al pubblico e ai media: nella capitale, nella prestigiosa sede del Campidoglio, e a Milano, nella cornice rinascimentale di Villa San Carlo Borromeo. Nonostante Saakashvili abbia incontrato, a Roma, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, e il ministro degli Affari Esteri, Franco Frattini, ha voluto sottolineare che è venuto in Italia in veste non ufficiale, per incontrare i lettori e per parlare, del libro e della Georgia, con loro. "Ne approfitterò per parlare del mio Paese, perché non credo che gli italiani lo conoscano abbastanza bene". Saakashvili è un uomo giovane, sorridente, gentile. Le rimostranze di coloro che, in Georgia, accusano il suo governo di non lasciare sempre libero corso alla parola della gente e dei media, sembrano strane davanti al profondo desiderio di dialogo del presidente. A Roma, è riuscito a trasformare la presentazione del libro in una conferenza stampa, dando deliberatamente ampio spazio alle domande del pubblico. "Non vi dovete preoccupare. Poiché siamo ormai in un'era post-sovietica non vi terrò impegnati con un discorso di cinque ore. Introdurrò il libro soltanto per cinque minuti, e poi ne potremo parlare insieme", ha esordito in Campidoglio, prima di mettersi a disposizione del pubblico. Ma chi è veramente Mikheil Saakashvili e cosa ha desiderato spiegare in Io vi parlo di libertà? Eletto presidente a soli 37 anni, il giovane politico è considerato l'uomo del cambiamento radicale. Con la sua Rivoluzione delle Rose - che ha risvegliato la Georgia dal torpore posto-sovietico e contagiato altre Repubbliche limitrofe (es. l'Ucraina di Viktor Yushchenko) - Saakashvili ha consumato la rottura con l'eredità sovietica e, in particolare, con il governo di Eduard Shevardnadze, accusato di essere stato troppo attento a non scardinare i delicati equilibri con Mosca, a non turbare mai il potente vicino. Saakashvili invece, fin dall'inizio del suo mandato, non ha voluto attendere e non ha temuto di spazzare via, con riforme inimmaginabili prima di allora, la nomenklatura polverosa e corrotta ereditata dai precedenti governi. Si è circondato di collaboratori giovani quanto e più di lui, georgiani e stranieri, ha allontanato dal potere i rappresentanti della vecchia guardia e ha, senza alcuna esitazione, messo in atto una profonda politica della tabula rasa. In nome di un'ardita scommessa: amputando l'arto putrescente, sarebbe riuscito a salvare il corpo malato. Un esempio emblematico: all'indomani della Rivoluzione delle Rose, ha licenziato decine di migliaia di impiegati statali e ha sostituito poliziotti, funzionari delle imposte e delle dogane. Un elettrochoc sociale e politico violento che il presidente non ha mai rimpianto o rinnegato. I suoi detrattori lo considerano un "Napoleone del Caucaso", i suoi amici ne lodano lo slancio illuminista, il profondo attaccamento ai valori democratici maturati in Occidente, alla libertà e alla democrazia. Per molti, Saakashvili è un'insolita appendice di Europa e di America nell'agitata regione del Caucaso, il paladino di tradizioni e di princìpi che avvicinano molto l'attuale Georgia alla famiglia degli Stati europei. Una delle priorità di politica estera del suo governo è infatti l'adesione della Georgia alla Nato e, in un futuro non troppo lontano, anche all'Unione Europea. Nel suo libro, Saakashvili spiega le ragioni di questo suo profondo amore per l'Occidente. È cresciuto leggendo Solzhenitzyn, Sakharov, Bukovskij ma anche i classici della letteratura francese, i cosiddetti "Noveaux philosophes", ascoltando le canzoni di Yves Montand e di Gilbert Bécaud. Una sete di libertà che o spingeva, a volte, a fingersi straniero per comprare i giornali internazionali venduti nei grandi alberghi riservati ai turisti occidentali. E poi gli studi all'estero, grazie a provvidenziali borse di studio, che lo hanno portato dapprima in Francia, poi negli Stati Uniti e che gli hanno permesso di completare la sua formazione universitaria di giurista, a Kiev. Un percorso esistenziale e politico senza macchie prima dell'estate scorsa. Il conflitto scoppiato, nell'agosto 2008, alla vigilia della cerimonia di apertura dei Giochi olimpici di Pechino, ha quasi fatto inciampare il presidente georgiano. La guerra - durata cinque giorni - ha visto contrapposti i soldati georgiani e l'esercito russo per le terre storicamente contese dell'Ossezia del Sud. Il confronto con la superpotenza russa è stata una scelta deliberata del presidente o una trappola nella quale è involontariamente caduto? Nel libro, Saakashvili ripercorre con dovizia di dettagli quei giorni infuocati di agosto, le sue indecisioni iniziali, la paura di scatenare l'inferno, la necessità di porre fine agli attacchi dei separatisti osseti contro i villaggi georgiani, le richieste di aiuto all'Occidente, ripetutamente formulate da Tbilisi, e l'apparente indifferenza internazionale. Un battesimo di fuoco per un giovane leader. Si è trattato di un conflitto dall'esito disastroso. L'Ossezia e un'altra Repubblica separatista, l'Abkhazia, ne hanno approfittato per proclamare la loro indipendenza, immediatamente riconosciuta dal Cremlino. Saakashvili non si stanca di ripetere, in Patria e all'estero, che la reazione militare di Tbilisi non è stata altro che il legittimo tentativo di proteggere le frontiere nazionali dopo un'invasione russa e non lo sconsiderato attacco di un impulsivo presidente contro il potente Stato vicino. "Le unità russe della 58ma armata hanno attraversato il valico di Roki e sono entrate in Georgia prima che i soldati di Tbilisi si muovessero. L'avanzata di quest'ultimi su Tskhinvali, capitale dell'Ossezia del Sud, è stata ordinata dopo ben una settimana di bombardamenti sui villaggi georgiani", continua a precisare Saakashvili. Una tesi che, come spiega lo stesso presidente, sarebbe avvalorata dalla sorte che è toccata alle due piccole repubbliche: migliaia di cittadini georgiani sono stati espulsi, la militarizzazione delle due "provincie" procede, il Cremlino amplia le proprie basi militari in loco e manda nuovi soldati. Secondo la versione georgiana, il conflitto dell'agosto scorso e le sue conseguenze rientrerebbero in una strategia di ampio respiro del gigante russo che, nostalgico del suo impero, cerca, con la forza delle armi, di riconquistare il suo "estero vicino". Una versione alla quale ovviamente si oppone il Cremlino e, da alcuni mesi, anche l'opposizione extra-parlamentare georgiana. Nino Burdzhanadze, la storica e fedele alleata di Saakashvili, artefice, assieme a lui, della Rivoluzione delle Rose, è passata all'opposizione con una rapidità così estrema e inaspettata da suscitare innumerevoli dubbi sui motivi reali della sua "conversione". È la capofila di un agguerrito movimento contestatario che non dà tregua a Saakashvili e ai suoi collaboratori. Solo in questi giorni, la polizia georgiana ha ricevuto l'ordine di smontare le numerose finte celle e le tende allestite davanti alla sede del governo e nelle arterie principali della capitale. Da mesi ormai, l'opposizione aveva infatti scelto questa strategia contestataria simbolica e oltranzista, affiancata da continue manifestazioni di piazza, per chiedere le dimissioni di "Misha". "Si tratta di un'opposizione fisiologica di cui andrebbe fiera ogni democrazia", ha sminuito a Roma il presidente, "la prova che i cittadini georgiani hanno imparato e assimilato il difficile gioco democratico." L'opposizione ha tuttavia radicalizzato le sue posizioni e, nei primi giorni del mese di giugno, il braccio di ferro con il governo è diventato ancor più preoccupante. Il 12 giugno, un gruppo di giovani manifestanti ha lanciato pietre e uova contro alcuni deputati e contro la vettura del presidente dell'Assemblea nazionale e, nonostante gli inviti al dialogo espressi dal governo, la campagna di disobbedienza civile non sembra destinata ad attenuarsi. Forse sarà questa contrapposizione ideologica, forse l'esuberanza fisiologica dell'animo georgiano o l'entusiasmo di un governo molto dinamico e giovane ma Saakashvili non perde tempo. La sua rivoluzione delle mentalità politiche e delle istituzioni prosegue e il ritmo è incalzante. Le recenti vicissitudini politiche hanno spesso nascosto o messo in secondo piano nella percezione collettiva internazionale i sorprendenti progressi economici avviati dal governo. "Ora, nonostante il nostro territorio sia ancora in parte occupato, la nostra economia è ripartita alla grande." La fisionomia delle principali città del Paese sta cambiando in profondità. Batumi, la perla del Mar Nero, ne è l'emblematica manifestazione. Alberghi di lusso, eleganti residenze e ristoranti vengono costruiti per accogliere un numero crescente di turisti. Il presidente ne segue, passo dopo passo, la trasformazione, si informa sulle scelte architettoniche dei costruttori, non tralascia alcun dettaglio. I recenti dati economici danno ragione al governo. I rating internazionali dimostrano che, nonostante la crisi finanziaria mondiale, la Georgia sta beneficiando di una crescita economica senza precedenti e spesso ben superiore a quella di numerose altre repubbliche ex-sovietiche. Un risultato sorprendente se si prendono in considerazione le innumerevoli ritorsioni commerciali imposte dal Cremlino e l'embargo sulle merci decretato da Mosca nel 2006 per paralizzare il sistema produttivo georgiano. "A breve termine, è evidente che è stato catastrofico perché la Russia era da molto tempo il principale sbocco per gran parte dei prodotti georgiani. Ma a lungo termine sarà un beneficio. Ci ha obbligati a riorientare le nostre esportazioni, a ripensare il nostro tessuto economico nella prospettiva di partner diversificati, ovviamente occidentali, ma anche regionali o mediorientali," spiega Saakashvili. In cinque anni, il giovane presidente è riuscito a cambiare irreversibilmente la faccia, e forse anche l'identità, della Georgia. Ha creato - come ama ripetere - uno Stato vero, forte, giusto, lottando contro la corruzione, consolidando la coscienza democratica della popolazione, costruendo infrastrutture, investendo nel patrimonio culturale e nella creatività della sua terra. Lo ha fatto con l'impeto di un governo tallonato dal timore della fine del suo mandato, prematura e imposta dall'esterno, e con misure radicali, a volte aggressive. Come spiega nel suo libro, Saakashvili vuole restituire il "sentimento dell'avvenire" a un Paese che ancora si dibatte per eliminare i residui del retaggio sovietico. Anche se il presidente dichiara di non essere più un "leader rivoluzionario", agli occhi di un osservatore esterno, la Georgia voluta da Saakashvili sta affrontando, ancora oggi, una trasformazione che ha le sembianze di una vera e propria metamorfosi. La "fase ideale" del suo mandato non sembra dunque ancora terminata, ma si sta orientando verso un delicato punto di equilibrio tra le ambizioni di progresso e di modernità del governo e la capacità di adattamento e di cambiamento della popolazione georgiana. (Silvia Benedetti).
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