Pedro Corzo arriva in Italia con il suo libro Che Guevara, missionario di violenza (Spirali, 18 €, 340 pagg), che già dal titolo si rivela controcorrente, irriverente nei confronti del luogo comune che colloca il Che sul piedistallo della mitologia. L'autore tenta l'ardua impresa di sfatare questo mito idolatrato, raccogliendo le testimonianze di trentatré persone, ventinove uomini e quattro donne, che hanno conosciuto personalmente il Che, in molti casi combattendo al suo fianco nella revoluciòn. Attraverso il loro racconto si scopre un Che arrogante, presuntuoso, crudele, vendicativo, simulatore, commediante, superficiale. Dipingono l'argentino come un avventuriero animato unicamente dalla smania di emergere, e non dall'urgenza autentica di liberare Cuba dalla dittatura di Fulgencio Batista e introdurre la libertà e la democrazia. Capo militare della prigione-fortezza la Cabaña, dopo processi approssimativi, Che Guevara firmava condanne a morte senza nemmeno verificare i capi d'accusa. Fece fucilare per odio puntiglioso persone colpevoli solo di essergi antipatiche, come il comandante del Segundo Frente Nacional del Escambray, Jesùs Carreras. Le persone intervistate lo descrivono freddo, impietoso e per niente valido come medico. Così lo ricorda Armando Fleites, un collega comandante dell'Ejèrcito Rebelde, che ebbe a che fare con lui. L'immagine romantica, che oggi viene proposta, di uomo tollerante, gentile, pieno di principi umanitari e di altruismo, eroe rivoluzionario combattente per la giusta causa, sembra totalmente inventata, una menzogna. In realtà era un prepotente vanitoso che si credeva un essere straordinario. Secondo Làzaro Asencio, avvocato e giornalista, uno dei capi del Segundo Frente, comandante dell'Ejèrcito Rebelde, Guevara non era venuto a Cuba per partecipare alla liberazione, bensì "era venuto nel nostro paese per crearsi un personaggio", quindi per acquisire prestigio, potere, per emergere. "Sono fra coloro" aggiunge Asencio "che pensano che Fidel Castro a un certo punto sia arrivato a desiderare l'eliminazione di Guevara". Molti lo pensano. Dopo la revoluciòn il Che divenne un personaggio scomodo, da allontanare; utile invece oggi, dopo la morte, come simbolo, oggetto di propaganda, affare commerciale, immagine idealizzata. Al di là della precisione delle informazioni storiche nel ricostruire il personaggio, il valore del libro sta nella decostruzione del mito "Che Guevara", perché l'idealità non è un valore, è solo un luogo comune. L'ideale sarebbe il fine ultimo che giustifica qualsiasi mezzo, che consente qualsiasi bassezza e debordamento; in nome dell'ideale, che sarebbe il Bene assoluto, quanti crimini, quanto sangue, quanto dolore. L'ideale romantico o rivoluzionario, che l'occidente ha mutuato dalla Grecia di Platone e Aristotele, in realtà è un vero e proprio abbaglio che sbarra la strada; il viaggio intellettuale è molto più interessante dell'impossibile confronto con la perfezione. Il libro di Pedro Corzo, come del resto tutta la bibliografia su Che Guevara, va letto senza ideologia, con apertura intellettuale, senza condanna e senza esaltazione, attenendosi alla storia e alle sue contraddizioni. Questo testo è "per chi non conosce la verità storica e va in giro con l'effige del Che dalla testa ai piedi", come scrive nell'introduzione Alvaro Alba, storico e giornalista. Anche attraverso questo volume, è possibile riconsegnare alla storia Ernesto Guevara de la Serna, con i suoi difetti e i suoi misfatti, e con le sue qualità, indubbiamente notevoli. Un uomo, un medico, un combattente, una persona, non più un falso mito. (Maria Luisa Calabretto)
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