È rimasto l'enfant terrible della filosofia che è sempre stato. Uno convinto che non c'è conoscenza se non si fanno cozzare le idee le une contro le altre, e che non abbia senso stare sempre dalla stessa parte. E anche ora a settantadue anni suonati André Glucksmann, quando ti punta addosso quei suoi occhi azzurri azzurri che fanno capolino da un caschetto irriverente, mantiene l'espressione un po' beffarda, ma mai saccente, di chi difficilmente te la farà passare liscia, intellettualmente parlando. Infatti quando lo incontri al Grand Hotel et de Milan, dove è venuto per presentare il suo nuovo libro Le due strade della filosofia (Spirali, pagg. 246, euro 20) ha l'aria svagata e docile. Ma è un inganno che si svela non appena lo si porta sul terreno del pensare, attività che per lui comporta sempre dare delle belle testate alla realtà. Nel suo nuovo libro lei torna a Socrate e lo usa per prendere di petto ogni forma di pensiero ideologico. Ma la filosofia del XXI secolo ha bisogno di tornare a Socrate? «La filosofia non è l'arte di vivere bene, è una battaglia mortale, nasce sempre dalla lotta tra due possibili strade, tra due cammini, se si è ideologici, di strada se ne vede solo una. Socrate è il simbolo di chi non vuol vivere nella menzogna. Non c'è niente di più attuale di questo. Vuole un esempio? Il Nobel e dissidente cinese Liu Xiaobo lotta per affermare la verità e non vuol vivere nella menzogna comunista. Questo è un atteggiamento filosofico». L'idea di verità non va più molto di moda. Si preferiscono concetti più sfuggenti. Si preferisce il relativismo, il mondo liquido alla Zygmunt Bauman... «Ma guardi che il mondo non è poi così liquido. Ci si muove in una direzione, si cambia. Guardi come l'Europa si è liberata dal totalitarismo nazista o la Russia da quello comunista. Quello che era stato sognato con la primavera dei popoli del 1848 si è avverato più di un secolo dopo. Il terreno comune tra il pensiero di destra e il pensiero di sinistra purtroppo è quello del piagnisteo. Invece bisogna guardare a questo progresso e lottare per il progresso». Ecco, a proposito di destra e sinistra lei ha appoggiato la candidatura presidenziale di Nicolas Sarkozy. Eppure lei veniva da ben altri lidi politici... «Abbiamo appena detto che il filosofo non può essere ideologico... Io non lo sono stato. Certo, la mia posizione ha creato uno choc a sinistra perché in certi ambienti è considerato automatico che l'intellettuale debba essere sempre orientato verso la gauche. Ma questa sclerotizzazione significa che la sinistra dal '45 in poi ha smesso di essere "filosofica" ed è diventata una sorta di religione. E se discuti il dogma ti accusano di essere eretico. Ma io discuto tutto, compreso il marxismo. Ho appoggiato Sarkozy e discuto le cose di Sarkozy che non mi piacciono, come la sua politica verso i rom. I politici vanno giudicati dai fatti, i fatti esistono. Stendhal diceva "io sono ateo in politica". Io pure». In Italia c'è stata recentemente una polemica, lanciata da Giuliano Ferrara, sul tema: la cultura di destra è sempre considerata di serie B, anzi quasi repellente... «Destra e sinistra sono categorie poco utili. E per fortuna sono categorie molto porose. Non mi sento neanche di parlare di due culture diverse: l'ambito della cultura è uno e molto variegato. Mi preme di più porre l'accento su quello che la destra e la sinistra trascurano in maniera bipartisan. Tanto per fare un esempio: duecentomila ceceni, su un totale di un milione, sono stati uccisi dai russi. E nessun governo di destra o di sinistra, tra quelli europei, ha protestato davvero. La vita di un ceceno su cinque vale più delle discussioni sulla destra e la sinistra». E se parliamo di filosofia e religione? L'Islam radicale (in Cecenia ha fatto proseliti) non è un nemico del libero pensiero? Una minaccia tralasciata per decenni? «Lo sa che il capo dei servizi segreti iraniani è un heideggeriano? Non è strano: le ideologie marxiste e hitleriane sono religioni profane, lo diceva Raymond Aron. Per alcuni l'Islam è un pretesto altrettanto buono per uccidere... si può uccidere in nome dell'umanità futura o in nome di Dio. Attenzione però, questa è solo una delle versioni dell'Islam, come il socialismo reale, con la sua violenza, è solo una delle versioni del socialismo. E in entrambi i casi bisogna chiedersi che cosa genera queste particolari versioni. Quando si crede in una causa sino al punto di pensare che si può uccidere per essa o che si possa morire per essa facendo i kamikaze non resta molto spazio per il pensiero». Invece che cos'è la morte, per il filosofo? (Prima di rispondere ha appoggiato la testa sul mento e ci ha pensato a lungo). «La morte è una meraviglia. Ci permette di essere tutti uguali e ci permette di volere davvero la verità. La sua inevitabilità e imprevedibilità ci costringe a guardarci allo specchio. C'è una favola raccontata da Socrate che lo spiega bene... Vede che torniamo sempre lì?». A lei piacciono i filosofi di lotta, fiduciosi nella capacità di capire come gli illuministi. Ma dopo i Lumi il pensiero occidentale ha preso altre strade. «Quello dei Lumi era un movimento di conflitto, forse un movimento troppo ottimista. Lo stesso Voltaire nel Candido fece la caricatura del filosofo ottimista rendendosene conto. Il conflitto filosofico è proseguito anche dopo, anche se la capacità degli intellettuali di inventarsi un modo di girare la faccia per non guardare la realtà si sono rivelati infiniti: scientismo, rivoluzionarismo, integralismo religioso... Quelli che si sono comportati meglio, secondo me, sono stati gli scrittori, contro i dogmi hanno fatto molto meglio. Pensi a Gustave Flaubert. Ha messo alla berlina scientismo, rivoluzionarismo e religione... Altri grandissimo sono stati Thomas Mann e Solgenitsin. E la battaglia continua, esistono i grandi romanzi e i romanzi rosa, e allo stesso modo esiste la filosofia socratica e quella rosa». Però più che Socrate mi sembra che le piaccia quella frase di Eraclito: «La guerra è madre di tutte le cose». Giusto? «Se lo intendiamo in senso filosofico e non militare, la penso proprio così». E nel dirlo si raddrizza un po' sul divanetto, appena appena, saluta e si prepara al prossimo incontro, con l'aria di niente, l'aria del vecchio oplita abituato ad andare a zonzo per il campo di battaglia del pensiero. (Matteo Sacchi)
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