di VIKTOR EROFEEV
Se nella vostra macchina una ruota comincia a fare uno strano rumore, dopo qualche tempo bisogna sostituirla, altrimenti la macchina non va più. È quel che è successo negli ultimi tempi a Vladimir Putin: ha cominciato a dare segni di cedimento. In altre parole, si chiama desacralizzazione. E se è vero che per me non è mai esistito San Putin, le decine di migliaia di persone che sono scese in piazza l'hanno fatto proprio per desacralizzare Putin nella coscienza dell'opinione pubblica russa. A Mosca ieri faceva un freddo cane. Con un tempo simile i bambini si tengono a casa. Tutti si riuniscono intorno alla tavola con la tradizionale bottiglia di vodka. Ma, imbacuccati in sciarpe, guantoni da sci artici e stivali di feltro campagnoli, i moscoviti sono usciti nelle strade con bandiere e cartelli satirici che si facevano beffe di Putin e maledicevano la sua "autocrazia". Sembrava di vivere contemporaneamente in due dimensioni diverse. Percepivamo l'atmosfera della rivoluzione russa del 1905, quella che costrinse lo zar a concedere la libertà di parola e di riunione, e che aprì la strada al primo libero parlamento russo. E nello stesso tempo, così mi è sembrato, qui a Mosca ci siamo avvicinati alla rivoluzione studentesca parigina del 1968, perché quella che manifestava nelle strade era gente allegra e ironica. Io mi sono unito al corteo nella colonna di Michail Prokhorov, oligarca e candidato alla presidenza, che marciava con una giacca a vento che sarebbe stata perfetta per la stazione sciistica di Courchevel. Lo circondavano artisti, giornalisti, e anche persone venute da altre città della Russia. Ma questo era solo uno dei "fiumi" fra gli altri "fiumi" umani che alla fine si sono raccolti vicino al Cremlino in piazza Bolotnaja: quella che probabilmente in futuro sarà chiamata piazza della Rivoluzione. Oltre alla colonna di Prokhorov, lungo via Jakimanka davanti all'ambasciata francese marciavano i sostenitori di Javlinskij, i comunisti, i nazionalisti e i rappresentanti del nucleo ormai costituito della Lega degli elettori, che sotto al guida di Ryzhkov, Nemtsov, Navalny e di altri radicali si sta affermando come una nuova realtà politica. La polizia guardava la manifestazione con un certo rispetto. Non poteva capire da dove saltasse fuori una simile massa di gente. Finalmente siamo arrivati in piazza Bolotnaja, vicino al Cremlino, dove da una tribuna si lanciavano appelli di contenuto anti-putiniano. Dopo la prima e la seconda manifestazione di dicembre, il corteo di ieri è stato molto più libero, direi che la gente somigliava a una tranquilla folla domenicale che avesse deciso di farsi una pattinata sul ghiaccio. Non c'era paura. C'era l'eccitazione del cambiamento. Qualunque cosa accada nel futuro della Russia, questa manifestazione segnerà un momento storico: la scelta della Russia progressista, filoeuropea, contro il potere attuale. È una rivoluzione pacifica. Che non si ferma qui. Se il gelo non ha impedito ai manifestanti di uscire in strada, è chiaro che in primavera usciranno ancora, e ancora. Ormai si sono conosciuti, hanno capito che cosa vogliono. Vogliono la libertà. Sono contro la corruzione. Sono per la repubblica, contro l'autocrazia putiniana. Putin deve fare la sua scelta. O dichiarare che tutta questa moltitudine è costituita da nemici della Russia e dare il via alle repressioni, o riconoscere di avere torto. In qualunque caso, è ormai un re detronizzato. Non abbiamo bisogno di ghigliottine rivoluzionarie. Ma anche il regime putiniano ci è venuto definitivamente a noia. La gente in stivali di feltro ha detto la sua parola decisiva. E poi se n'è tornata a casa, a riscaldarsi con la vodka e a giocare con i figli. È così che adesso si fa la rivoluzione da noi. Seguite la prossima puntata! (Traduzione di Emanuela Guercetti).
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