Se Marco Polo e padre Matteo Ricci sono gli italiani che hanno fatto scoprire all'Europa la Cina e sono divenuti icone quasi leggendarie, padre Alessandro Valignano, gesuita nato a Chieti nel 1549, è senza dubbio l'uomo che ha legato il suo nome alla scoperta del Giappone da parte dell'Europa e alla scoperta dell'Europa da parte dei giapponesi. Nel "Milione" di Marco Polo si parla del Giappone come di una terra ricchissima di oro, dai contorni leggendari: in realtà Marco Polo si limita a riportare notizie di seconda mano e di dubbia attendibilità.
Per quanto possa sembrare incredibile, mentre la via della seta verso la Cina è percorsa da 2500 anni, è solo da mezzo millennio che l'Occidente ha notizie precise del Giappone. Ed è soprattutto Valignano a descrivere in maniera approfondita questo paese ancora oggi di difficile interpretazione. Si devono a quest'uomo geniale tre imprese che nessun europeo era riuscito a realizzare prima: l'approfondimento della cultura nipponica senza nessun pregiudizio; l'organizzazione di una storica missione di nobili giapponesi in Italia, un grand tour ante litteram; un approccio totalmente nuovo alle altre civiltà. Alessandro Valignano giunge in Giappone nel 1579 come "visitatore" dei gesuiti. Visitatore è una parola ambigua perché sembra indicare un semplice viaggiatore, mentre in realtà è una carica di grande importanza nella gerarchia della Compagnia di Gesù. Valignano sceglie di essere un semplice visitatore, preferisce il saio del viaggiatore al mantello dell'ospite illustre e già celebre. Valignano, uomo acuto e umile, si rende subito conto che coloro con i quali ha a che fare non sono barbari da ammaestrare, ma comunità di civiltà antica e sviluppata, anche se con caratteristiche peculiari che le rendono di ardua comprensione.
Quando ha conquistato la fiducia della classe dirigente, Valignano organizza la prima missione giapponese in Europa. Sceglie quattro nobiluomini parenti di tre daimyo del Kyushu, dove si trova il porto di Nagasaki: il signore di Bungo, il signore di Orima e il signore di Omura. I quattro samurai, giovanissimi (tra i tredici e i sedici anni), sono accompagnati da alcuni gesuiti e due servitori. La missione – come racconta con dovizia di dettagli Vittorio Volpi nel suo bel libro "Il Visitatore" – durerà più di otto anni, dalla partenza da Nagasaki il 20 febbraio 1582 al rientro allo stesso porto nell'agosto 1590. Al loro arrivo a Lisbona il 10 agosto del 1584, gli ambasciatori giapponesi sono ricevuti dal cardinale Alberto d'Austria, governatore di Lisbona in nome di Filippo II e successivamente accolti dallo stesso re di Spagna Filippo II a Madrid. Ma la meta principale del viaggio è l'Italia. I quattro arrivano a Livorno il 1° marzo 1585. Sono ricevuti dal granduca di Toscana Francesco de' Medici a Pisa e poi dall'8 al 13 marzo a Firenze, accolti a Palazzo Pitti, nelle stesse sale che fino al primo luglio 2012 ospitano tre mostre sul Giappone.
I giovani nipponici giungono a Roma il 23 marzo 1585, accolti da papa Gregorio XIII, che morirà pochi giorni dopo. Ricevuti e contesi da tutte le famiglie della nobiltà e dai cardinali, gli ambasciatori del Sol Levante restano a Roma 70 giorni. I quattro visitano poi Assisi, Loreto, Bologna e Ferrara e infine Venezia e Milano, ovunque accolti con grande fervore. Il 9 agosto del 1585 lasciano l'Italia dal porto di Genova diretti a Barcellona.
|