La storia della creazione della Bers riveste un'importanza particolare: se, dopo la caduta del Muro di Berlino, molte idee furono esternate e molti discorsi furono pronunciati, la Comunità internazionale apportò come risposta istituzionale al problema dell'Est soltanto la creazione di una banca. Strana ironia: la Francia, e il suo Presidente, ai quali è stato rimproverato così ingiustamente di non avere visto arrivare il disgelo dell'Est, e di averlo persino frenato, sono stati, in realtà, all'origine della sola istituzione che l'Occidente abbia saputo costruire finora per portare aiuto. Concepita in partenza come un'organizzazione continentale con il potere autonomo di pensare e di fare, al fine di raccogliere i popoli d'Europa(e) - e solo loro - attorno a un progetto comune, la Banca europea di ricostruzione e di sviluppo (Bers) è diventata da allora, come le altre istituzioni dello stesso tipo, un luogo di affrontamento di ambizioni nazionali e, in fin dei conti, lo strumento della politica dei più ricchi - quando questi ne hanno una. Fin dal primo giorno, due gruppi si sono disputati il potere: i Paesi più potenti, membri del Club dei Sette dominato dagli Stati Uniti, e i dodici membri del Club dei Sette dominato dagli Stati Uniti, e i dodici membri della Comunità europea, indisciplinati, divisi, che lasciavano l'ascendente reale agli Stati Uniti, con l'approvazione tacita dell'Est. Tuttavia, immaginando la Banca anche prima della caduta del Muro di Berlino, ci eravamo augurati di creare condizioni che permettessero agli europei di occuparsi da soli dei loro affari, senza gli Stati Uniti, o almeno senza dominio americano. Avevamo tentato di costruire un'Europa continentale unita e indipendente. L'impresa è naufragata. Non che gli americani abbiano avuto la forza e il disegno di mandare in rovina un simile tentativo: sono stati gli europei, all'Est come all'Ovest, e per ragioni molteplici e contraddittorie, a non avere voluto fornirsi dei mezzi per la loro indipendenza. Fin da quando fu lanciata l'idea della Banca, le posizioni furono limpide: a Washington, a Londra, a Bruxelles non ne volevano sapere; a Mosca non ci credevano; a Praga l'ignoravano. Quando si rassegnarono, gli anglosassoni decisero di farne un modesto annesso della Banca mondiale, strumento della loro politica al Sud; di ridurla allo statuto di un comodo cavallo di Troia delle loro imprese, un relè della loro influenza sui mercati dell'Est e nient'altro. Intendiamoci: per niente al mondo ci auguravamo che quest'istituzione si ergesse contro l'America. Sarebbe stato assurdo e irrisorio. Avremmo preferito mille volte che si creasse a fianco dell'America per preparare meglio il momento in cui questa avesse interesse ad allontanarsi dall'Europa(e) e motivi di desiderarla stabile e indipendente. Volevamo un'istituzione potente messa in atto rapidamente, data l'urgenza, e la più leggera possibile, per evitare il ricrearsi delle burocrazie uscite da Bretton Woods. E ogni giorno ci siamo fatti nuovi nemici. Raccontare questa storia mi porta a parlare un po' di me. Forse avrà soltanto la risonanza di una perorazione pro domo. Non è mia intenzione. Coloro che mi odiano mi odieranno di più. È agli altri che devo questa testimonianza. Se ce ne fosse bisogno, vi si vedrebbe la dimostrazione che in questo secolo dell'effimero, in cui le celebrità devono rinnovarsi in fretta come gli oggetti, ogni uomo di potere che assume il rischio di rifiutare la norma è minacciato a breve scadenza. Forse nelle istituzioni c'è posto solamente per il grigio, per il trasparente, e la differenza condanna inesorabilmente alla marginalità. Se questo è il prezzo da pagare per creare, non penso che sia troppo elevato. A meno che non la spunti quel sentimento che Camus descrive così giustamente nella sua prefazione a Il rovescio e il diritto: "La cosiddetta reputazione talvolta è così difficile da accettare che si prova una specie di gioia cattiva a fare quanto occorre per prenderla".
(Gli articoli precedenti sono stati pubblicati il 22, 23, 24 giugno scorsi. Sono stati tratti dal volume "Europa Europe" di Jacques Attali diffuso proprio in questi giorni in Italia dall'editore Spirali-Vel).
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