L'abbiamo già recensito (Il Paese n° 157) quando venne pubblicato, questo splendido libro di Jaques Attali Millennium (Spirali/Vel edizioni). Ma ora, finalmente è Attali stesso a parlarne, in un suo recente viaggio a Milano. E a parlare anche del futuro prossimo venturo, nella nostra conversazione trascritta e tradotta dalla dott.ssa Maria Elisa Della Casa, con un'analisi rigorosa e esente da futurologia: il terzo millennio si avvicina, un nuovo passo, con il 1994, si avvia con la speranza, e va nella direzione della trasformazione.
Prof. Attali, quale avvenire in questo terzo millennio così vicino e lontano a un tempo? Oggi è estremamente azzardato fare scommesse solo nella misura in cui ognuno pensa o dice che gli avvenimenti si susseguono con tale fretta che è impossibile fare previsioni. Per quanto mi riguarda credo, al contrario, che le tendenze importanti, profonde dell'evoluzione sociale si possano perfettamente prevedere e, pertanto, ho azzardato alcune scommesse. Per parte mia penso che le migliori basi per prevedere alcune tendenze del futuro consistano nel capire un po' cos'è successo nei secoli precedenti. L'ordinamento economico e politico di oggi non è molti diverso, nella sua natura, da quello che che era nel XVI o XVII secolo: è sempre dominato, oggi come allora, dal mondo del mercato o dal capitalismo, dalle tecniche di comunicazione e dalle tecniche di manipolazione dell'energia, da una città o da un paese che dirige l'insieme e che regge il peso delle trasformazioni. A partire dal XVI secolo si ha anche chiaramente, nell'analisi storica, la possibilità di capire che lo stato naturale dell'ordine mondiale è proprio il disordine e che l'ordine non è che un'eccezione: in effetti, quando si dice che il mondo è in crisi e la crisi è un passaggio che consentirà di ritornare all'ordine, credo che s'inventa completamente la realtà, perché nella realtà il disordine è la regola e l'ordine è l'eccezione. Infatti nella storia non ci sono che periodi molto brevi di ordine, che comunque non sono più lunghi di dieci o quindici o vent'anni, preceduti e seguiti da un secolo nel quale il sistema si disfa e si ricostruisce nella seconda parte del disordine attendendo un nuovo ordine straordinariamente fragile e provvisorio. Tutto il problema insito nell'intervallo tra un ordine e l'altro sta nel sapere innanzitutto se si è nella parte di declino dell'ordine antico o se si è nella parte di ricostruzione dell'ordine nuovo.
Ma ci sono parametri che caratterizzano il mutamento? Ogni mutamento si caratterizza sempre per qualche principio comune: innanzitutto quando un ordine si è stabilito, è praticamente planetario, dal XVI sec., ma ha un centro chiamato, nel linguaggio della teoria storica, un "cuore". Questo cuore è una città o un insieme di città che dominano industrialmente, tecnologicamente, culturalmente, politicamente, finanziariamente l'insieme dei movimenti delle merci, i prezzi, i movimenti d'idee dell'economia commerciale. Un sistema è dunque un ordine quando si conosce il cuore, quando si sa qual è la tecnologia dominante che gli permette di dominare l'ordine, ed è sempre una tecnologia di manipolazione della formazione e una tecnologia di dominio dell'energia, quando si conoscono anche i prodotti di consumazione che saranno i motori della crescita, quando si sanno identificare i progetti culturali che permettono di dare senso a questi prodotti di consumazione e quando si conosce, infine, l'organizzazione sociale che permette al cuore di assicurare il suo potere, nello stesso tempo economico, politico e militare, su tutto il resto dell'ordine sociale. Passando da un cuore a un altro si assiste, evidentemente, non alla ripetizione dell'ordine sociale ma ad imitazioni che vanno tutte lo stesso in una direzione comprensibile. Ogni volta, grazie al cuore tecnico controllato dal nuovo cuore, si assiste alla trasformazione di un nuovo insieme di servizi in oggetti prodotti in serie e tutti i cuori, tutti gli elementi essenziali della trasformazione del capitalismo sono questi: si tratta della progressiva trasformazione del capitalismo sono questi: si tratta della progressiva trasformazione dei servizi in oggetti industriali prodotti in serie, in modo da creare nuove fonti di ricchezza e nuove basi per l'espansione del sistema commerciale. A partire dal XV sec. nove volte nella storia si è potuto constatare ciò, ma non entrerò nei dettagli dell'analisi storica. Oggi siamo sull'orlo di questa nona evoluzione: c'è la crisi di un ordine, il cui cuore era evidentemente l'America, la cui tecnologia dominante era evidentemente quella fondata sull'elettricità, sul petrolio e sui beni più importanti a essei collegati, ordine che era o è dato sempre dai beni dell'equipaggiamento domestico e da tutto ciò che è ruotato intorno a essi, avendo come servizi annessi tutti i servizi che permettevano progressivamente di rendere gli individui sia produttori sia consumatori di quegli stessi oggetti. Da qui la crescita delle spese per i servizi necessari alla produzione dell'ordine sociale ma che, per il fatto che sono servizi, cioè per il fatto che non sono prodotti in serie, finiscono per occupare una parte crescente, troppo grande nella ricchezza prodotta. E i due servizi che sono stati in continuo sviluppo e che perciò pesano sempre di più sullo sviluppo sociale sono quelli dell'istruzione e della sanità. Per uscire da una crisi ogni volta bisogna, dunque, identificare un nuovo cuore, nuove tecnologie, i servizi che oscilleranno sotto forma di prodotti industriali prodotti in serie, e dare un nome al progetto culturale che è dietro a tutto questo.
Come può avvenire questa riorganizzazione nel terzo millennio? Mi pare certo che l'evoluzione avverrà sotto forma dell'automatizzazione dei servizi legati all'istruzione, alla sanità e al tempo libero. Bisogna, cioè, sottolineare che per me l'uscita dalla crisi o l'evoluzione verso cui andiamo non è verso una società post-industriale, ma verso una società, al contrario, iper-industriale; o ancor di più elementi della vita saranno prodotti sotto forma di oggetti prodotti in serie. Prendiamo il caso del settore della medicina. In questo contesto mi sembra che, nei paesi sviluppati, si andrà verso l'individualizzazione e l'industrializzazione di tutti i meccanismi terapeutici secondo il seguente ordine. Da una parte, si assiste prima alla definizione di norme di comportamento (non fumare, non bere, non essere in sovrappeso) per avere un profilo di "normalità" che è definito e che porta ciascuno a considerarlo necessario alla sopravvivenza. Una volta definiti i processi del "normale", a ognuno non resta che disporre dei mezzi per conformarvisi, sia andando a consultare qualcuno che gli dirà come conformarsi al normale, poi progressivamente disporre di mezzi individuali di verifica della propria normalità, una sorta di specchio della normalità, sia poi disponendo di strumenti per ristabilire la normalità e questo, molto semplicemente, con la creazione di organi artificiali. Si passa, perciò, dall'autocontrollare la conformità al normale all'autoristabilire il normale stesso. Questi diversi oggetti hanno un vantaggio immenso rispetto allo stato attuale della medicina, dal punto di vista dell'ordine commerciale, poiché, mentre la medicina pesa sulle spese, la produzione di oggetti industriali è creatrice di valori. Da una parte, è una spesa onerosa, dall'altra, è una fonte di profitto e l'oscillazione da una parte all'altra è l'oscillazione da un problema alla soluzione del problema. Naturalmente, a molti di voi questo forse sembra fantascienza: in realtà è già presente e le cose andranno infinitamente più lontano di adesso. Guardiamo ciò che avviene nel campo della genetica dove si è già arrivati a identificare ciò che è normale, a poter verificare per molte dimensioni ciò che è anormale, verificando l'esistenza dei difetti genetici, dove si possono verificare anche le condizioni in cui si può ristabilire il normale, eliminando i difetti genetici, e dove si può immaginare di arrivare prestissimo a produrre il normale. Questo in un contesto di pura produzione commerciale perché, come senza dubbio saprete, si è già al punto di autorizzare la commercializzazione di specie vegetali e animali e la questione di sapere se il genoma potrà essere brevettato e quindi se si potranno commercializzare sequenze normalizzate di genoma, è una questione oggi pendente davanti alle Corti supreme negli Stati Uniti e in Europa, e la risposta non è negativa anche se è una questione aperta. Ma tutta l'industria biologica e farmaceutica spinge tantissimo per autorizzare la brevettabilità degli elementi del genoma, perché questi aprono un mercato immenso che una volta di più farà oscillare un aspetto dei costi, della produzione delle fonti di profitto. L'ordinamento commerciale funziona, dunque, in ambito medico come una traduzione in oggetto industriale di quel che era la medicina moltissimo tempo fa, vale a dire in rapporto al sacro e allo scongiuro del male da parte dei religiosi, e lo stesso dicasi della traduzione dell'immagine, che in passato aveva rapporti col sacro attraverso la cerimonia rituale. Si può dire che, in termini generali, si assiste da parte dell'ordine commerciale a una traduzione sistematica di tutti gli elementi del sacro in oggetti prodotti in serie.
Nel suo libro Millennium lei parla di "oggetti nomadi". Che cosa intende? La parola "nomadismo" potrebbe caratterizzare la società quale si presenta. È la parola che si addice all'anno che viene. È un nomadismo sia nella produzione sia nella consumazione e sia nell'ordinamento politico. Nomadismo nella produzione perché le imprese andranno là dove il lavoro è meno caro; nomadismo nel lavoro perché la gente andrà a lavorare là dove ci saranno posti disponibili e anche perché, nei paesi sviluppati, si assisterà a una precarizzazione del lavoro e allo sviluppo del lavoro "nomade", cioè del lavoro di persone temporanee che, pur essendo ingegneri, avvocati, medici, professori, saranno disponibili solo per incarichi provvisori richiesti temporaneamente da istituzioni esse stesse provvisorie. Il nomadismo della consumazione è la conseguenza di ciò che ho detto poco fa, cioè si va verso oggetti miniaturizzati, portatili e verso l'autonomizzazione dell'individuo. (Lo si può constatare con oggetti elementari come il telefono portatile). E nomadismo anche della cultura, perché si è fatto del viaggio un'apologia: viaggiare o anche consumare viaggi sotto forma virtuale è un segno d'appartenenza all'élite, tranne per coloro che, non potendovi appartenere, viaggiano con la droga o con altre virtualità aspettando l'immagine virtuale o la realtà virtuale che sarà l'espressione ultima del nomadismo dell'immagine e della riconciliazione dell'oggetto industriale, dell'immagine e del nomadismo.
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