The Second Renaissance
     
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 Ancora Attali


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Ancora Attali


  
 
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Chi non ha provato a pensare per una volta a ciò che accadrà dopo la propria morte? E se fossimo presenti a ascoltare i commenti, a verificare le reazioni, a constatare quanto potremmo o meno intervenire fra i vivi, il giorno dopo la nostra morte? Jacques Attali, eccezionale scrittore che ci ha regalato Vita e morte della medicina. L'ordine cannibale (1980), pubblicato da Feltrinelli; I tre mondi. Per una storia del dopocrisi (1981), Storie del tempo (1983), La figura di Frazer (1985), La vita eterna (1992), Millennium (1993), pubblicati da Spirali/Vel, si prova in un altro romanzo edito ancora da Spirali/Vel, catturando il lettore fino all'ultima pagina ora con la filosofia ora con l'intrigo. Il lettore è come un'ancora di salvezza per vivere. Con lui intrattiene una relazione da anni, ipotizzando, questa volta, uno dei se... che avviano riflessioni e sfide: "se fosse vero..." oppure "se non fosse vero che io sia morto".
Quanto gli accade è un sogno o è realtà? Attraverso questa esca si avvia il gioco dei riferimenti e delle metafore rispetto alla propria vita.
Attali scrivendo non dimentica di essere stato un Eccellente che si è dimesso dalla BERD, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo dell'Europa dell'Est. Infatti pare farcelo sapere dalle prime pagine: "Le dirò che l'esercizio del potere proprio non mi si confà; che vi si vivono troppo certe piccole cose che si finisce per credere grandi; che si vedono troppe crudeltà che finiscono per fare piacere".
Attali non si è mai sottratto dalla lotta anche quando era un discusso presidente della BERD; né può sottrarsi dal racconto della propria morte. Allora l'attraversa, ora anticipando la sua morte sociale ora progettando anche oltre la morte. Come restare immortali? Sara, la sua compagna, non ne vuole sapere dell'immortalità: tutto e subito capitano adesso e dopo è il nulla. A questa distruzione Attali antepone il romanzo, in cui il nome del protagonista Julien non muore. Seppure nell'impossibile di raccontare anche dopo morto, di avere un lettore, quindi di lasciare che resti qualcosa, il nome non muore. Scrive: "Ogni fine è un incominciamento...".
Camminando su un filo, Attali narra del pericolo di cadere, quando la caduta non esiste propriamente. Perciò quel filo è solidissimo e Attali vi cammina deciso, procedendo lungo il nome che resterà immortale, facendo, scrivendo. A chi si lamenta, regala una frase: "Il dolore non ci guadagna a rendersi interessante". Anche il protagonista Julien rifiuta di riconoscersi nel corpo esanime che vede nel letto: "Occorre che io resista. La mia vita dipende solo dalla mia incredulità". Lungo il romanzo è costante l'incitamento a non arrendersi mai, tanto meno trovandosi "morto": "Se mi metto a credere alla mia morte, non ci sarà più niente che mi distingua da lui, allungato lì sul letto...". Se resti nella memoria di qualcuno, è impossibile morire, anche quando tutto sembra provare il contrario. Foscolo è evocato, chiamandolo a gran voce dai "Sepolcri". Attali è ironico: "Può un morto crepare di dolore?". No, perché un morto non può morire. Come dire che, nonostante gli sforzi per trovarsi nella condizione di morto, nessuno potrà arrestare il procedere delle cose che prendono o travolgono. Se proprio vogliamo insistere, morire dovrebbe essere programmabile: "...e se avessi saputo di dover morire oggi, avrei sconvolto tutto il programma".
Nessuna chiusura per Attali: la sua ironia è una nave inaffondabile con la quale attraversare il racconto. E questo Julien nella solitudine dell'intendimento apprende qualcosa di scandaloso: "È egoismo pretendere di vivere per gli altri: nessuno ha bisogno che si viva per lui...". Constatabile, ma non dicibile, perché può venire a saperlo Lei. Lei? Non dimentichiamoci Lei, sempre presente nel romanzo, sempre imbattibile come un fantasma che a volte diventa materno a volte sfidante, ma che Julien non incontra mai. Lei, la figlia custode perché non ci sia più Sara, lo aspetta, mentre Julien si diverte con Sara. Lei e Sara: Julien sta con l'una, apparentemente perno e s'incontra con l'altra, apparentemente magnete. Ma non c'è perno, non c'è magnete. Tuttavia, Julien trova impossibile lasciare Lei, perché non ci sarebbe più Sara, perché non ci sarebbe più Lei. Sta forse qui la questione del "primo giorno dopo me"? Lei e gli altri: la noia e l'immobilismo; Sara: la vivacità e il rischio. Il primo giorno dopo me senza più Sara ci sarà Lei, da cui Julien fugge, senza immaginare che, avendola evocata, le consentirà di restare garante del nulla.
(Roberto Francesco da Celano)

 
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