PARIGI – «La sposa di Maometto era una donna ricca, bella e forte, più grande di lui di almeno dieci anni. È lei a farsi avanti per proporgli di sposarsi, ed è lei, moglie e figura materna, a incoraggiare quel ragazzo analfabeta dopo che Allah gli ha parlato per la prima volta. Senza il suo “Io ti credo”, Maometto non avrebbe trovato la forza di diventare il Profeta e non ci sarebbe stato il Corano. Le donne sono figure centrali, determinanti, nella storia della fede musulmana. Che differenza con certo Islam oscurantista di oggi», dice Marek Halter, nella sua casa del Marais. [...]
Un ebreo che scrive una storia dell'Islam dal punto di vista delle donne. Quali sono le reazioni? «Da parte delle persone normali, positive. Ho fatto leggere il manoscritto in anteprima ad alcuni dei miei tanti amici musulmani, e non hanno trovato niente da ridire, tranne qualche consiglio peraltro benvenuto. Khadija è uscito solo venerdì scorso, in quarantamila copie, e l'editore Robert Laffont lo sta già ristampando. Ma alcuni fanatici, come prevedibile, non hanno gradito».
Ha ricevuto minacce? «A molte librerie che hanno messo il volume in vetrina sono già arrivate telefonate violente: ritirate subito quel libro blasfemo o distruggeremo il negozio. Poi in alcuni forum islamici è cominciata la litania di quanti non sopportano che io, da ebreo polacco che vive in Francia, osi parlare di Islam e delle donne che sono alla sua origine».
È sotto protezione della polizia? «Il primo ministro Manuel Valls, che è mio caro amico da molti anni, mi ha già chiamato per offrirmi la scorta. Io penso, spero, che non ce ne sia bisogno. Vedremo nei prossimi giorni, quando i manifesti con il mio viso e la copertina appariranno ovunque, in metro, negli aeroporti, nelle stazioni».
Quali sono le librerie minacciate? «Soprattutto nel Sud della Francia e nella zona di Roubaix, nel Nord».
Perché ha deciso di dedicarsi alle donne dell'Islam? «È un'idea che mi è venuta anni fa, se i libri non sono usciti prima è anche perché il mio editore aveva paura delle possibili reazioni. Voglio mostrare che le donne sono al cuore dell'Islam».
Un possibile modello per le musulmane d'Occidente? «Io lo spero, è il senso di questa trilogia. Khadija, e poi Fatima e Aïcha, fanno parte della tradizione delle donne che vivono oggi tra di noi. Possiamo continuare a suggerire loro Simone de Beauvoir o Giovanna d'Arco, ma credo che tante musulmane francesi ed europee potrebbero amare piuttosto una eroina come Khadija: il mio libro è una storia romanzata ma vera, che dimostra come la sottomissione delle donne sia una costruzione artificiale dei secoli successivi. Khadija è tutto per Maometto. E non portava il velo. Mi piacerebbe che entrasse a fare parte del pantheon di un femminismo delle ragazze musulmane».
Ci sono passaggi controversi? «A un certo punto nel manoscritto raccontavo che Khadija tocca Maometto, e gli dice: tu mi desideri. Il mio amico filosofo algerino Malek Chebelha ha detto che era troppo, e ho seguito il suo consiglio, togliendo la frase. Ho mantenuto invece altri passaggi garbatamente segnalati da Dalil Boubakeur, il rettore della Grande Moschea di Parigi, che mi chiama mio professore. L'ho ringraziato, ma li ho pubblicati. Che Allah ti protegga, ha detto sorridendo».
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