Condizioni disumane, minorenni alla catena di montaggio, operai avvelenati, salari che non bastano neppure a sopravvivere, una strage di incidenti sul lavoro: è la piaga delle migliaia di lavoratori cinesi costretti a fabbricare il sogno occidentale. Non basta. Anche nelle carceri cinesi i prigionieri vengono obbligati al lavoro forzato per rifornire i nostri negozi di vestiti, scarpe e borse. Una di queste è stata acquistata a New York. All'interno era nascosta una disperata richiesta d'aiuto.
L'ALTRA FACCIA DEL LUSSO L'australiana Stephanie Wilson vive a New York e ama fare shopping. Nel settembre del 2012, la ventottenne va da Sacks, sulla Fifth Avenue, per comprare degli stivali. Uscita dalla boutique di lusso scopre una misteriosa lettera nella sua borsa da shopping. «Help! Help! Help!» è la supplica scritta a mano, e a caratteri cubitali, in cima al foglio. Il testo che segue è la disperata richiesta d'aiuto di un prigioniero cinese, un ragazzo costretto a turni massacranti per produrre quella borsa. Pubblicato solo in questi giorni dal portale newyorkese DNAinfo, il biglietto porta alla luce frammenti di una storia che è l'altra faccia del lusso e del boom asiatico, una storia di sofferenze e atrocità. Oltre ad un indirizzo mail, l'operaio aveva allegato alla lettera anche la sua foto del passaporto.
LAVORI FORZATI «Siamo trattati come schiavi, maltrattati e ci costringono a lavorare più di 13 ore al giorno per confezionare queste grandi borse. La prego, mi aiuti. La ringrazio e mi scuso se l'ho importunata», si legge sul foglio scritto da Tohnain Emmanuel Njong. La donna, alquanto sbalordita e impressionata da quelle parole, consegna la lettera alla «Laogai Research Foundation» di Washington DC, un gruppo che si occupa di far conoscere e documentare l'abuso dei diritti umani nelle carceri in Cina. Il fondatore dell'organizzazione, Harry Wu, che in passato ha trascorso 19 anni in un carcere cinese, ha confermato l'autenticità della lettera. «Questo prigioniero ha corso un grande rischio nascondendo il foglio nella borsa». Gli ex detenuti definiscono questi «laogai» (termine che indica un «processo di riforma attraverso il lavoro») dei «campi di concentramento» all'interno dei quali vengono applicati la tortura, la denutrizione, lo sfruttamento della manodopera, lo schiavismo. Ma sono anche un grande business: qui vengono infatti prodotti diversi oggetti che oggi coprono l'esportazione.
CINQUE LETTERE Dai grandi magazzini Sacks è arrivata nel frattempo la conferma che le loro borse da shopping vengono prodotte in Cina. Hanno spiegato di prendere molto seriamente le accuse dell'uomo e di aver avviato un'indagine. Rintracciato dai media, Tohnain Emmanuel Njong, ha ammesso di aver scritto la lettera durante la detenzione in carcere. L'uomo, oggi 34enne, ha trascorso tre anni in una prigione della città di Qingdao. In questo periodo ha segretamente scritto cinque lettere, alcune nascoste nelle borse per il mercato francese, altre in quelle per il mercato inglese. Senza condanna Njong era stato arrestato nel 2011 per frode, crimine che dice di non aver mai commesso. Ha spiegato di aver aspettato dieci mesi prima che si facesse vivo un avvocato d'ufficio, un proprio legale non se lo poteva infatti permettere. Durante questo periodo di detenzione è stato completamente isolato dal mondo, gli è stato vietato ogni contatto con la famiglia. I suoi cari, infatti, non erano nemmeno a conoscenza del suo arresto, pensavano che fosse morto. Njong è stato rilasciato l'anno scorso per buona condotta. E ora dice: «Sono contento che la mia lettera sia stata trovata almeno da una persona. Sono solo felice che qualcuno abbia potuto sentire le mie grida d'aiuto. È stata la sorpresa più grande della mia vita».
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