Più che da quel che si dice, l'ascolto viene da quel che si fa. Non rientra né in una professione né in una confessione. Non è una virtù soggettiva, né collettiva. Tutta l'educazione, propria al discorso occidentale, è votata all'osservanza: l'ubbidienza, intesa come osservanza, non è ascolto. Non c'è un imperativo dell'ascolto. E l'ascolto non dipende dalla volontà. Ascoltare non è volere ascoltare. Se io dico "Io ascolto", cerco un adeguamento, una conformità di ciò che ascolto, rispetto all'idea che ho dello sguardo, dell'io. Ognuno ascolta ciò che gli conviene e, però, non è l'ascolto. L'ascolto non arriva da sé, non si produce da sé, non è automatico: viene dall'automa, ma non è automatico. Non è una proprietà del tempo, ma, senza il tempo, nessun ascolto. Eppure, la soddisfazione, la riuscita, la gioia, il piacere discendono dall'ascolto. Senza l'ascolto, nessun approdo: ognuno si troverebbe a girare in tondo e a vuoto. A.V.
Intervista a Antonella Silvestrini in occasione della presentazione del libro L'ascolto
Una lettura nuova della questione dell'ascolto. La soddisfazione, la riuscita, la gioia, il piacere, discendono dall'ascolto
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