Nato nel 1923 in un villaggio vicino a Jaroslavl, laureato in storia, Aleksandr Jakovlev aveva studiato anche negli Stati Uniti, dedicandosi poi all'insegnamento e al giornalismo. Dal 1953 aveva ricoperto, nel PCUS, incarichi direttivi in vari dipartimenti (scuola, propaganda, politica internazionale). Per dieci anni ambasciatore in Canada, aveva diretto l'Istituto di Economia Mondiale e di Relazioni Internazionali. Già consigliere di Gorbaciov per la comunicazione e le missioni speciali, era stato presidente del Partito Socialdemocratico russo oltre che di varie fondazioni, movimenti e associazioni, fra cui il Comitato per la riabilitazione delle vittime del terrore politico e la Fondazione Internazionale Tolleranza.
Jakovlev ha lottato per la libertà dell'uomo. "Siamo stati noi a perseguitare e a fucilare i nostri simili, in barba all’onore e alla coscienza, a fare delazioni sui vicini di casa e sui colleghi di lavoro": con questa ammissione sul passato del proprio paese aveva aperto una riflessione, sincera e disincantata, sulla riforma russa incominciata nel 1985. Proprio per il suo impegno nel rinnovamento dello stato i funzionari dei servizi e i capi della nomenklatura si erano a più riprese rivolti nei suoi confronti come a colui che aveva "disintegrato l'Unione sovietica, il Kgb, l'esercito, il movimento comunista mondiale, il campo socialista e tutto il resto..." o ancora come "ideologo della perestrojka", "padre della glasnost’", "pecora nera", "burattinaio di Gorbacev", alimentando così il mito intorno alla sua figura. Nell'ultimo periodo della sua vita aveva rinnovato la propria speranza circa il cammino del suo paese verso il libero sviluppo. Scomparso nel 2005 era conosciuto e stimato in tutto il mondo per la lunga ed intensa attività svolta a livello internazionale.
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