|
|
Le indemoniate nell'arte
Libro
pp. 168
15,49 €
|
|
Saggio di Jean-Martin Charcot e Paul Richer pubblicato da Spirali nella collana "Lettera e simbolo"
|
|
L'isteria ha sempre trovato dinanzi a sé psichiatri e inquisitori. E il diavolo, chiamato in causa come artefice della possessione, è stato il modo classico d'inchiodare l'isteria all'irresponsabilità. Jean‑Martin Charcot e Paul Richer, medici neurologi, si avventurano nell'esplorazione delle raffigurazioni artistiche e religiose dal quinto secolo fino a Bruegel e a Goya sul tema "le indemoniate". Miniature, disegni, affreschi, incisioni forniscono un materiale clinico da cui gli autori traggono gli elementi per la prima definizione della nevrosi isterica. Sullo sfondo la clinica della Salpêtrière, le interminabili dispute intorno agli esperimenti d'ipnosi e suggestione iniziati da Mesmer una decina di anni prima, le ricerche nel campo della neurologia e della fisiologia.
L'analisi delle istanze del corpo, della sessualità, dell'arte, del teatro, procede secondo un paradigma descrittivo, proprio delle scienze dell'osservazione in cui rientra a buon diritto la psichiatria. Ma oggi, dopo Freud e cioè dopo l'introduzione di una teoria della clinica che considera la gestualità una dimensione del linguaggio, questo libro risulta un documento storico: sia perché ha dissolto una visione demonologica ancora imperante fino alla metà del secolo scorso sia perché fornisce l'occasione in cui l'invenzione della psicanalisi è colta un istante prima di enunciarsi.
L'estetica personale dell'isteria, qui presentata come fenomeno, con Freud e con la psicanalisi diventerà un teatro in cui allo spettatore si sostituisce il deuteragonista. E certamente senza la psicanalisi l'ipnosi risulta una modalità indolore di esorcismo. Charcot tuttavia, presentando l'isteria nell'arte , coglie il senso del teatro e la funzione dell'immagine nel discorso isterico e descrive qui la figura dominante dell'isteria: la possessione.
Freud che aveva letto questo libro e aveva seguito l'insegnamento di Charcot durante il soggiorno alla Salpêtrière coglie sia l'originalità del suo pensiero sia il suo debito verso le scienze dell'osservazione: "Non era un riflessivo, né un pensatore, piuttosto una natura artisticamente dotata o, come diceva egli stesso, un 'visivo'".
|
|
|
|
|