Tira brutta aria per la sociologia, questa industria del vuoto che non cava un ragno dal buco e il più delle volte non riesce neppure a indicare in quale buco è il ragno. Ma la sociologia "debole" della nostra epoca non va confusa con quella "forte" dei padri fondatori. Come Auguste Comte, la cui sociologia si chiama Clotilde de Vaux, la "vergine madre" che egli amò come una nuova Beatrice e che seppe stimolare in lui il più grande progetto politico-sociale del secolo scorso: la Religione dell'Umanità. Una costruzione, certo, inaccettabile e irrealizzabile, ma anche una fonte perenne di riflessione e progettualità, perché radicata sul principio del primato dello spirituale e del religioso. Senza l'amore per Clotilde, cui non corrispondeva alcun amore di Clotilde, la sociologia di Comte sarebbe rimasta un progetto scientifico e non una sintesi armonica di razionalità e di sentimento. Di tale amore il libro ripercorre, attraverso la corrispondenza dei due amanti durante l'"année sans pareille", la nascita sconvolgente e la tragica fine per la morte precoce di Clotilde.
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