Queste pagine, pubblicate nel 1966, sono una testimonianza. Niente di più. Vogliono solo attirare l’attenzione su un problema cui nessuna coscienza ha il diritto di restare insensibile. L’autore non ha mai fatto politica, e quindi spera che non gli si rimproveri di aver voluto predicare l’anticomunismo. Non ha mai contribuito alla propaganda né intende cominciare adesso. Il suo viaggio nella Russia sovietica, che coincideva con le grandi festività ebraiche, aveva l’unico intento di misurare e possibilmente di penetrare il silenzio di quegli ebrei che dalla Rivoluzione in poi vivono tagliati fuori dal resto del mondo. Non si sentiva molto qualificato per giudicare gli altri aspetti del regime e della realtà in Unione sovietica. L’autore tiene quindi a sottolineare che non ha tentato di fare un’opera letteraria o di sintesi. Ha soltanto voluto trasmettere alcune impressioni. E gli elementi d’angoscia che ne derivano. In questo modo compie il suo ruolo e il suo dovere di testimone. È andato in Russia, attratto dal silenzio di quegli ebrei; ne ha riportato il loro grido. Sono tre milioni i cittadini sovietici che portano sulla carta d'identità la menzione "nazionalità ebraica". Per quanto lo vogliano, non è possibile per loro cambiare statuto. Insomma non possono assimilarsi, e intanto sono privati sia dei diritti e privilegi garantiti dalla Costituzione alle altre nazionalità dell'Urss sia della semplice possibilità di trasmettere ai figli la loro lingua, i costumi e le tradizioni. Sono le vittime postume dello stalinismo, sono un irresolubile enigma per i dirigenti della Russia comunista. Nel mondo si levano voci: dai partiti comunisti, dagli intellettuali simpatizzanti. Mosca resta muta, come restano silenziosi i tre milioni di ebrei dell'Urss, ancora murati nella paura e nella solitudine mentre un vento di tolleranza liberatrice percorre il mondo sovietico. Perché? Elie Wiesel in questo libro fa da testimone. Dice cos'ha visto, ripete quello che gli hanno sussurrato nell'ombra. Neanche lui dà spiegazioni. Interroga e si interroga, alla ricerca della verità tra gli arcani di un mondo kafkiano. Ma a poco a poco quel mondo di oppressione diventa familiare, e s'impone l'immagine di un popolo dall'indistruttibile vitalità che nulla può intaccare, l'immagine di un popolo che non vuole morire. Visitatore esente da compiacimenti o pregiudizi, Elie Wiesel riesce nel miracolo: dà la voce agli ebrei del silenzio.
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