Il secondo rinascimento non è il discorso chiamato occidentale. Non è il discorso di Platone e di Aristotele. Non è il discorso della morte, che presuppone il conflitto, la polemologia, la rappresentazione del nemico, e rispetto alla cui economia la morte è funzionale. È la parola originaria, la parola presa nella sua particolarità, nel suo idioma e nella sua cifra. E le cose sono estreme, perché dimorano nella parola.
Quando le prime pagine dei giornali, i telegiornali, le vetrine delle librerie, dall'inizio degli anni settanta a oggi, erano pieni di notizie intorno al catastrofismo, alla rovina del pianeta, alla fine o alla morte dell'Europa, noi constatavamo, e constatiamo, che il rinascimento della parola e la sua industria prospettano la strada, il viaggio non come biforcuti, come presi nell'alternanza fra il bene e il male, fra la vita e la morte, fra il positivo e il negativo. Bene-male costituiscono l'ossimoro, l'ironia, il modo dell'apertura originaria, ma non sono dinanzi e non sono rappresentabili nell'Altro. Con l'idea del bene, noi siamo sotto una tirannia, un impero del bene. Siamo inondati da fiumane di bene, per cui tutte le notizie sono sul male e sul male dell'Altro, sul male che viene attribuito sempre al nemico, all'Altro.
(Armando Verdiglione)
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