Borges parla a Tokio e a Milano nel 1984; e a Milano nel dicembre 1985: risponde alle domande che via via gli pongono Anthony Kerrigan, Vittorio Mathieu, Viktor Nekrasov, Ennio Cavalli, Lydia Alfonsi, Armando Verdiglione, e giornalisti, scrittori, musicisti, registi, scienziati, giovani.
A chi gli chiede perché il massimo poeta dell'antichità fosse cieco, risponde: "Quando gli antichi pensarono che Omero fosse cieco, volevano dire che la poesia non dovrebbe essere visiva; che la poesia è anzitutto uditiva".
"Lei si è chiesto perché scrive?". Borges risponde: "Scrivo perché ho la necessità di farlo. Scrivere è una grande gioia [...]. L'arte è un miracolo, e nel mio caso si dà in questo modo: sento all'improvviso che qualcosa sta per occorrermi, e aspetto, e qualcosa occorre, che può essere una favola. Di questa favola mi è dato vedere il principio e la fine, non quello che succede tra il punto di partenza e la eta: questo, devo scoprirlo io".
A proposito dell'Europa: "Noi americani siamo europei in esilio, vale a dire che la nostra cultura è europea".
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