La politica è intellettuale, perché politica della parola. Non è intellettuale il discorso politico. La politica intellettuale è indipendente dalla volontà, dalla perversione, dalla persuasione (e, così pure, dal buon senso e dal consenso), e procede dall'apertura, secondo il numero. Come educare? Come governare? Come amministrare? E, quindi, come formalizzare? La politica è pragmatica. Dimora nella parola. È impossibile delegare, è impossibile credere che la politica sia qualcosa che non riguardi "ciascuno". La politica riveste tutto il suo interesse ove "ciascuno" divenga dispositivo politico, dispositivo di ascolto, dispositivo diplomatico, dispositivo di scrittura, dispositivo della formalizzazione, dispositivo della riuscita. Della riuscita senza soggetto. È questo un compito che può assumere "ciascuno" come allievo della vita originaria. La lingua con cui la politica si scrive è la lingua diplomatica. La piega procede dal due, secondo l'idioma, e segue al tempo. Niente clinica e niente messaggio senza diplomazia. Ciascuna volta, ciascuna cosa, vivendo, trova la piega. Il rischio esige il diploma. Impossibile vivere con il principio del minimo sforzo, cioè con il principio del risparmio. (Armando Verdiglione)
Ecco uno stato che non ha bisogno di trovare nella guerra la sua apocalisse, la sua rivelazione
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