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Apoteosi di un libertino
Libro
pp. 381
18,08 €
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Romanzo di Francesco Burdin.
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"La carriera del libertino, vivace, allegra, dissipatrice, s'interrompe il pomeriggio in cui egli si corica al fianco della moglie da poche ore passata ai più; sciagurata imprudenza. Non riuscirà più a svegliarsi: è la catalessi. Da quel momento la sua possibilità di partecipare a quella che chiamiamo sbrigativamente la 'continuità dell'essere' si limita a una percezione del quotidiano puramente auditiva. A confortarlo della sua minorazione resta al catalettico l'intatta capacità d'intendere e, non gran che più utile ma almeno più consolante, una felice facoltà di ricordare. I viaggi nella memoria divengono così l'alternarsi naturale a una presenza o vitale o irrimediabilmente passiva, e i capitoli del libro registrano gli uni e l'altra con la puntuale cadenza di un rondò. Le avventure gaie e luminose della spudorata giovinezza s'intrecciano volta per volta con le inamabili disavventure di quest'epoca ormai chiaramente votata alla sofferenza. Una via d'uscita tuttavia si aprirà: sarà alla fine l'Apoteosi.
Nel mio nono romanzo – che vuol essere insieme interpretazione, parodia e metafora dell'esistenza umana e del mondo – ironia, talvolta sfacciata talaltra impercettibile, ma anche tenerezza e, perché no?, pietà guidano instancabili la pagina per accendere un fuoco d'invenzioni, di personaggi provocanti e insopprimibili, di episodi enigmatici, di burleschi espedienti narrativi. Cervantes e Poe, Sterne e Voltaire sono gli amati e invocati suggeritori di un'operetta a lungo trattenuta dall'autore, fra le mani, che conclude una trilogia incominciata con Antropomorfo e Davenport".
(Francesco Burdin)
Il romanzo di un autore fondamentale della narrativa italiana del Novecento
Autore stimato da Zavattini e Vittorini, Burdin riesce a scrivere con semplicità ed immediatezza crisi esistenziali e psicologiche. Qui è descritta la carriera di un libertino che viene colpito da catalessi, che vive nei e dei suoi ricordi di giovinezza.
Il brillante romanzo di un autore descritto da Giuliano Gramigna come "uno di quegli scrittori senza i quali non si può capire la narrativa italiana del secondo novecento".
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