Può un interprete "sognarsi" di dialogare con il "suo" autore? Forse sì, se ne ha bisogno. E ne ha bisogno se, dopo avere convissuto con lui per decenni e averne preso tutte le misure e gli scandagli, diligentemente trascritti in saggi e commenti, si accorge alla fine che manca nelle risultanze un residuo importante, forse il nucleo della dottrina, che richiede, per la sua costitutiva ambiguità, la trattazione diretta, personale, dialettica e coinvolgente del dialogo. D'altra parte un incontro-scontro diretto con l'ombra di Nietzsche è perfettamente in tono con il carattere della sua dottrina personalissima, se è vero che "tutte le opere di Nietzsche sono dialoghi con ombre della più varia origine", come dice il maggior biografo Janz. È nato così Erminio o della fede. Dialogo con Nietzsche di un suo interprete, nel quale la narrazione di episodi e incidenti della vita di Nietzsche e di altri personaggi con lui collegati s'intreccia con la discussione dei suoi problemi filosofici.
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