Montevago è grande. Anzi, grandissimo. Il suo testo è senza comune misura. Senza riferimenti ideologi o mitologici. Senza precedenti. C'invita a capirlo, a intenderlo, a leggerlo.
Chi è Montevago? Lo scienziato della parola. L'anatomista della terra. Il poeta e lo scrittore del paradiso. Lo scenografo delle galassie. Il regista della civiltà dell'avvenire. In breve, il siciliano vero. L'umanità nel terzo millennio. L'amicizia come valore assoluto.
Nessuna linearità. Nessuna circolarità. E non riscontriamo, in nessuna opera, il fondo e neppure lo sfondo. niente gravità. E oltre il principio della prospettiva. Internet offre una pallida idea di questa
navigazione, le cui fondazioni sono le particolarità stesse, le logiche stesse.
L'antico, come l'originario, s'inscrive tanto nel moderno quanto nell'avvenire. E l'avvenire sta qui, in ciascuna opera, dinanzi a noi, nella sua eternità. Nella sua qualità, nessuna opera ripete l'altra, nessuna opera concorre al circolo. Questo turismo intergalattico non pone dinanzi nessuna opposizione gnostica fra la solarità e l'oscurità, che non si rappresentano come un bivio, come il regno del nord e il regno
del sud, come la sommità e l'abisso, come il positivo e il negativo.
Orfeo, Enea, Dante Alighieri. Montevago non propone nessuna discesa agli inferi, nessuno spettacolo
dell'Acheronte, nessuna profondità animale.
Il cielo è già l'equilibrio originario, il due, l'inconciliabile, l'inferno e il superno, la relazione da
cui procede il viaggio.
Montevago trae l'estrema lezione di Colono e del Golgota: il trauma della terra fa l'anatomia del paradiso. E non c'è più sistema. L'anatomia della terra segna il ritmo delle galassie. Impossibile vedere o immaginare le galassie. Impossibile saperne qualcosa. Ciascuna opera ritrova l'infinito delle galassie
su cui si staglia l'anatomia della terra. Il tempo. Nella sua eternità. Nell'eternità dell'avvenire.
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