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Dalla Cina un ponte per l'Europa. I poeti Shen Dali e Dong Chun


  
 
Notazioni

Lo scrittore e poeta cinese Shen Dali, già vittima delle persecuzioni maoiste e ora docente di letteratura francese all'Università di Pechino, è in Italia in questi giorni per la presentazione del libro di Armando Verdiglione "Scrittori e artisti" (Spirali), una raccolta di interviste a scrittori e artisti dissidenti di vari paesi, dalla Cina a Cuba, dalla Russia all'Iran. A Shen Dali, venuto a Bologna con la moglie Dong Chun, scrittrice e giornalista che vive a Parigi, abbiamo rivolto alcune domande in esclusiva per l'Opinione.

Shen Dali, esiste ancora la censura in Cina?
In Cina ci sono ben pochi progressi per quanto riguarda la libertà di espressione. La censura concerne ancora molto i media, non è permesso criticare il Presidente della Repubblica, come avviene invece in Italia in cui si deride Berlusconi. I contatti tra i cinesi e gli occidentali sono liberi, non c'è censura. Il problema è per i giornalisti, che possono incontrare chi vogliono purché non s'intromettano negli affari privati della Cina. Anche perché l'uomo comune cinese non ama chi gli dà lezioni. Per esempio, in questo momento i cinesi sono ostili ai francesi a causa dell'appoggio che ha dato Nicolas Sarkozy al Dalai Lama, favorendo la disinformazione sull'operato della Cina.

In Cina che importanza ha il rapporto con la religione?
In occidente si crede che non ci sia libertà di religione in Cina, ma è falso. Occorre recarsi in Cina e verificare. Per esempio, a Pechino ci sono quattro chiese per cristiani protestanti. Un mio amico si è convertito al protestantesimo. È stata fatta una falsa propaganda da parte dell'occidentale rispetto alla questione della religione in Cina. I tibetani, ad esempio, sono privilegiati rispetto a altre religioni e vogliono mantenere i loro privilegi, per questo sono malvisti dai cinesi. Ai tempi di Mao furono perseguitate etnie e religioni diverse fra cui anche gli Han. Sono stato messo in prigione e Dong Chun è stata accusata di essere una controrivoluzionaria e ha perduto la sua libertà. Non è un problema di religione o di una religione in particolare. Le autorità non hanno perseguitato solo i tibetani, ma anche i mongoli e soprattutto gli Han.

Dong Chun, quanto la religione condiziona le scelte dell'uomo nel suo paese?
La Cina non ha una religione dominante, soprattutto non c'è connessione tra la religione e la politica perché ci sono religioni diverse e nessuna di queste ha contatti con il potere. Questo fa sì che non ci sia una religione di Stato, com'è invece in Italia. Ad esempio, in Cina non si fa catechismo nelle scuole perché lo Stato non si interessa di materia religiosa. Questo fa sì che la Cina sia un paese libero in materia religiosa, sia nel senso di poter praticare una religione sia nel senso che non c'è una religione che predomini sulle altre. La religione è un fatto privato e lo Stato non può decidere in materia. In occidente passa l'idea che ci siano persecuzioni in Cina contro alcune religioni, in particolare verso i cristiani, ma non è così perché per il nostro paese la religione resta un fatto privato. Ci sono però dei limiti, non tanto alla religione ma a coloro che la praticano e la usano come mezzo politico per combattere il regime; questo non può essere tollerato dal governo.

Shen Dali, qual'è l'opinione che la gente comune ha della classe politica?
Che sia corrotta.

Dong Chun, voi avete trovato la libertà di scrivere e viaggiare, dopo anni di persecuzione. Come vi sentite?
La questione della libertà è una ricerca per ciascuno che non troverà mai fine e che durerà finché ci sarà l'uomo. La libertà è comunque sempre relativa perché non è mai raggiunta e non basta mai. Questa è una cosa bizzarra ma indica un progresso che non ha mai termine. Negli ultimi vent'anni abbiamo cercato di costituire un ponte che consenta la comunicazione tra oriente e occidente. Abbiamo potuto far comprendere al pubblico cinese che c'è un'altra cultura e gli occidentali, attraverso i libri che abbiamo scritto per la casa editrice Spirali, hanno potuto conoscere molto di più della nostra. La libertà passa attraverso lo scambio di informazione tra i popoli. (Caterina Giannelli).

 
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